Nella giornata di ieri 29 maggio, il New York Times, uno dei giornali americani più importanti del Paese – e che non si ferma alla sola cronaca della Grande Mela, come il titolo suggerirebbe – ha pubblicato un articolo, poi pubblicato su Instagram e ripreso da un altro pezzo di Nina Burleigh per la sezione viaggi dello stesso giornale, che pubblicizzava il Cilento, ovvero un’area territoriale della provincia di Salerno.
Il Cilento è effettivamente una delle aree geografiche italiane più suggestive, una meravigliosa zona campana abbracciata tra colline punteggiate dagli ulivi e le coste tirreniche, all’interno della quale vi si trovano alcuni capolavori inseriti nella World Heritage List dell’Unesco: il Parco nazionale del Cilento e Vallo di Diano ed i siti archeologici di Paestum e Velia.
Il Cilento, tuttavia, nonostante sia particolarmente vicino alla Costiera Amalafitana, riconosciuta internazionalmente come una delle mete turistiche più suggestive, preserva ancora una certa autenticità dovuta all’incontaminazione turistica. Ma tutto questo rischia di svanire per colpa del New York Times, che nell’articolo sopraccitato ha parlato di un “cinematografico, nascosto Cilento […] [dove lo] scenario è spettacolare”, il tutto corredato delle tipiche foto di classica italianità, come una vecchia Fiat Panda, un calice di vino e una tazzina di caffè.
A non prendere benissimo le lodi tessute dal New York Times, però, sono stati gli stessi abitanti della zona salernitana. Nei commenti sotto al post di Instagram del New York Times si può infatti leggere una sfilza di gente che cerca di tenere lontani i turisti da quella zona, con le scuse più disparate: “Non parlate del Cilento, siamo persone odiose” scrive Francesco Cipolletta; “potete lasciarci da soli?” aggiunge un altro utente, corredando da un’emoji che piange fiumi di lacrime. Un po’ più duro il commento di un’altra utente, che parla di approccio colonialista a tutto da parte degli americani, con tono ironico: “certo, abbiamo proprio bisogno che ‘scopriate’ un posto con migliaia di anni di storia, solo per edulcorarlo a vostro gusto e distruggerlo, grazie mille”.
Il fenomeno dell’overtourism, soprattutto in Italia, ha iniziato a diventare centrale nel dibattito pubblico: Venezia, ad esempio, ha iniziato a tassare i turisti per il solo ingresso in città, limitando comunque l’arrivo a poche migliaia di persone l’anno. I social rischiano invece di produrre l’effetto contrario di quanto queste zone, stanche ormai di dover abbandonare la propria autenticità in favore di qualche foto panoramica, stanno cercando di fare. E così ci si chiede, sempre sui social e sempre sotto i commenti del New York Times: non c’è niente da scoprire in Arizona o in Iowa?