La 74ª edizione del Festival di Sanremo e la sua crescente risonanza internazionale

Alla fine ha vinto Angelina Mango. La settantaquattresima edizione del Festival di Sanremo, la quinta – e probabilmente l’ultima – di Amadeus si è così conclusa, tra le polemiche, con la vittoria della figlia d’arte. Polemiche sì, visto quello stridente 60% di voto del pubblico andato a Geolier, già reo di aver vinto la serata delle cover e sommerso di fischi dalla platea. Un 60% di preferenze inevitabilmente scontratosi contro la scelta di giuria e sala stampa, che al cantante napoletano ha assegnato solo l’1,5% delle preferenze, subissando invece di voti la Mango.

Che questa edizione del Festival sia stata un successo di pubblico è, comunque, innegabile: parliamo del 65,10% di share nella prima serata fino al picco medio del 74,01% della finale. Per arrivare a numeri simili bisogna risalire al 1995, quando il Festival era ancora presentato dallo storico Pippo Baudo. Allora vinse una giovanissima Giorgia con la stupenda Come Saprei, ritornata quest’anno all’Ariston come co-conduttrice della seconda serata.

Non solo share, comunque. L’importanza crescente del Festival – qualcuno dirà grazie ad Amadeus – è lampante anche nei dettagli e negli ospiti, con un taglio sempre più “internazionale”. L’ospitata di Travolta, ad esempio, è stata accolta a furor di popolo dai presenti: l’attore americano, che spegne settanta candeline proprio per quest’anno, si è esibito con Amadeus in una serie di coreografie riprese dai suoi film più celebri: da Grease a La Febbre del Sabato Sera fino al twist scalzo di Pulp Fiction. E poi la gag con Fiorello, anch’essa inondata di polemiche, con Il ballo del qua-qua. Ma anche Russel Crowe: la star de “Il Gladiatore“, “una leggenda di Hollywood”, come lo ha presentato Amadeus, ha conquistato la platea con una bellissima “Let the Light Shine” suonata assieme alla sua band, The Gentleman Barbers.

Sempre più internazionale anche nelle lingue in cui è stato raccontato: torna infatti la stampa estera dopo le restrizioni causate dal covid negli ultimi tre anni. Diciannove radio, tredici testate e cinque televisioni, con oltre 50 giornalisti accreditati, sono state impegnate a raccontare la kermesse in giro per il mondo. Da Le Monde a Die Zeit, dalla BBC a RSI.

Ma il vero trionfo è arrivato attraverso lo streaming. Quest’anno, il Festival ha registrato un incredibile interesse online, con oltre 400 mila utenti connessi in streaming e un picco di 800 mila device connessi. Ciò che è particolarmente sorprendente è che il 10% spettatori lineari (ovvero che hanno visto la kermesse dall’inizio alla fine) proveniva dall’estero. Un chiaro segno del potere globale della musica italiana e dell’attrazione esercitata dal fascino unico del Festival di Sanremo.

Ma parlavamo di un Festival cresciuto anche nei “dettagli”. Una menzione a parte, effettivamente, andrebbe dedicata alla pubblicità ed alla tendenza degli spot che occupano gli spazi commerciali del Festival ad alzare – tantissimo – la qualità. Del resto, gli oltre dieci milioni di spettatori a sera valgono oro per i brand, e la tendenza è di rendere gli spot pubblicitari dei mini-corto d’autore, a volte affidandosi ad attori o testimonial d’eccezione, altre volte puntando tutto sull’originalità del contenuto proposto. È una tendenza che ricorda molto il lavoro dei brand statunitensi durante l’attesissima finale della National Football League, internazionalmente conosciuta come “Superbowl”. È anche un modo di rendere gli intervalli delle oltre cinque ore di maratona sanremese uno “spettacolo nello spettacolo”. È il caso, ad esempio, dello spot di Esselunga, con un papà emozionato che ricorda, attraverso il karaoke, i momenti dell’infanzia di una figlia ora grande e pronta a lasciare il nucleo familiare per trasferirsi altrove, o della pubblicità di Pupa “non convenzionale” con una donna che interrompe un matrimonio per una fuga d’amore con la promessa sposa. E poi immancabile Spotify, con ben tre spot comici incentrati sugli effetti dell’ascolto ossessivo della playlist di Sanremo.

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Francesco Caroli

Francesco Caroli, nato a Taranto, è laureato in Scienze Politiche, Relazioni Internazionali e Studi Europei all'Università degli studi di Bari Aldo Moro. Ha iniziato a scrivere di musica e cultura per blog e testate online nel 2017. Appassionato di musica e grande fruitore di rap, attualmente collabora come project manager per l'etichetta discografica DIGA Records ed è autore per le riviste cartacee musicali L'Olifante e SMMAG! Nel 2023 ha pubblicato il saggio "Il mutamento delle subculture, dai teddy boy alla scena trap" per la casa editrice milanese Meltemi.

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