I Paesi del Nord Europa hanno iniziato a boicottare gli Stati Uniti

Dal marcare i prodotti americani nei supermercati per permettere ai consumatori di evitarli e preferire alternative europee, fino a rifiutarsi di rifornire le navi statunitensi nei propri porti: è la guerra economica civile

Negli ultimi mesi, diversi paesi del Nord Europa, tra cui Danimarca, Svezia e Norvegia, hanno avviato boicottaggi mirati contro prodotti e attività statunitensi. Le iniziative, di varia natura, sono motivate principalmente dall’opposizione alle politiche dell’amministrazione di Donald Trump, che dal suo insediamento lo scorso 20 gennaio ha adottato una retorica sempre più aggressiva. Le proteste hanno avuto origine in Danimarca, come reazione alla dichiarazione del presidente statunitense sulla volontà di acquisire la Groenlandia, territorio autonomo sotto sovranità danese.

In Danimarca, il gruppo Facebook “Boykot varer fra USA” (“Boicotta i prodotti provenienti dagli Stati Uniti”) ha raccolto quasi 50mila membri in poche settimane. Il gruppo è stato creato il 3 febbraio dopo che il vicepresidente J.D. Vance aveva definito la Danimarca un «cattivo alleato», in seguito al rifiuto della prima ministra Mette Frederiksen di prendere in considerazione la cessione della Groenlandia. Gli utenti condividono liste di prodotti da evitare e alternative europee, promuovendo un boicottaggio diffuso nei supermercati.

Il movimento sta già avendo effetti tangibili. Il gruppo Salling, principale azienda danese della grande distribuzione, ha introdotto nei suoi supermercati una stella nera per identificare i prodotti europei, facilitando le scelte dei consumatori che vogliono evitare marchi statunitensi. Il CEO di Salling, Anders Hagh, ha negato che si tratti di una presa di posizione politica, spiegando su LinkedIn che l’azienda continuerà a offrire prodotti di tutto il mondo e che saranno i clienti a decidere. Tuttavia, Jens Ladefoged, professore di politica internazionale all’Università di Copenhagen, ha definito il boicottaggio un atto «politico» e «simbolico», che potrebbe diventare più significativo se si estendesse ad altri paesi europei.

Anche in Svezia e Norvegia si stanno diffondendo boicottaggi con motivazioni simili, legate però soprattutto alla posizione dell’amministrazione Trump sull’invasione russa dell’Ucraina. In Norvegia, il boicottaggio è particolarmente diffuso tra i giovani: un sondaggio condotto dall’agenzia Opinion ha rilevato che nel 2024 una persona su tre tra i 15 e i 25 anni aveva scelto di non acquistare un prodotto o un servizio per motivi politici, ambientali o umanitari. Lo scorso sabato, l’azienda Haltbakk Bunkers, principale fornitore di carburante nei porti norvegesi, ha annunciato che non avrebbe più rifornito le navi statunitensi, sia commerciali che militari. Sebbene il post ufficiale dell’azienda sia stato rimosso, la decisione è stata confermata dal CEO Gunnar Gran, che ha definito la misura un atto di solidarietà nei confronti degli ucraini impiegati nella compagnia.

Il governo norvegese ha preso le distanze dall’iniziativa. Domenica sera, il ministro della Difesa Tore O. Sandvik ha dichiarato che la scelta di Haltbakk Bunkers non riflette la posizione ufficiale della Norvegia nei confronti degli Stati Uniti. Tuttavia, il boicottaggio di marchi e aziende statunitensi si sta espandendo anche in altri settori, con un impatto visibile soprattutto nel mercato automobilistico. Tesla, l’azienda di auto elettriche di proprietà di Elon Musk, considerato vicino a Trump, ha registrato un calo delle vendite del 44% in Svezia e del 38% in Norvegia a gennaio rispetto allo stesso periodo del 2024. A febbraio, in Norvegia, il crollo è stato ancora più marcato, con una riduzione del 70%. Un trend che si sta manifestando anche in altri paesi europei, come la Francia, dove Tesla ha registrato un calo del 63% nelle vendite di gennaio.

Sebbene sia difficile prevedere gli effetti a lungo termine, il boicottaggio in corso nei paesi nordici segnala un crescente malcontento verso le politiche statunitensi e la gestione dei rapporti internazionali da parte di Trump. Se la tendenza dovesse consolidarsi, potrebbe avere ripercussioni economiche più ampie, soprattutto in settori come l’automotive e la grande distribuzione, che dipendono fortemente dall’export verso l’Europa.

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