Influenza stagionale: come il virus inganna il nostro sistema immunitario

L’influenza stagionale ci accompagna ogni anno, eppure il virus che la provoca, l’Influenza A, rimane in gran parte un mistero. Un recente studio pubblicato su Nature Microbiology ha rivelato una caratteristica sorprendente di questo virus: la sua capacità di cambiare forma per adattarsi all’ambiente circostante. Questa scoperta potrebbe aiutarci a comprendere meglio come il virus sfugga al sistema immunitario e continui a rappresentare una minaccia per la salute pubblica.

L’Influenza A non ha un’unica forma: i suoi virioni, ovvero le particelle virali, possono essere sia sferici, con un diametro di circa 100 nanometri, sia filiformi, raggiungendo dimensioni di diversi micron. Questa diversità strutturale ha a lungo incuriosito gli scienziati, che si sono chiesti quale fosse il vantaggio di queste forme diverse. Le particelle sferiche sono più efficienti da produrre e richiedono meno risorse cellulari, mentre quelle filiformi sono più resistenti agli attacchi del sistema immunitario, rendendo più difficile la loro eliminazione.

Lo studio ha dimostrato che il virus non si limita a una semplice alternanza tra queste forme, ma regola attivamente la propria struttura in base all’ambiente in cui si trova. Quando le condizioni di infezione sono favorevoli, il virus produce prevalentemente particelle sferiche. Al contrario, in situazioni di stress, come la presenza di anticorpi o altre barriere immunitarie, il virus privilegia la produzione di forme filiformi, più resistenti.

Per analizzare questa dinamica, i ricercatori hanno sviluppato una nuova tecnica chiamata flow virometry, che permette di misurare rapidamente la forma delle particelle virali in diversi contesti. I risultati hanno evidenziato che l’Influenza A può modificare la propria forma nel giro di poche ore, rispondendo in tempo reale alle sfide che incontra nel corpo umano. Questa capacità di adattamento suggerisce che il virus possieda un meccanismo regolatore sofisticato, capace di bilanciare efficienza e resistenza a seconda delle necessità.

Un aspetto interessante emerso dallo studio è il ruolo degli anticorpi nella modulazione della forma virale. Gli scienziati hanno osservato che la presenza di anticorpi che attaccano il virus dopo che questo ha già infettato una cellula porta a un aumento della produzione di particelle filiformi. Questo fenomeno potrebbe rappresentare una strategia evolutiva per eludere le difese immunitarie e garantire la sopravvivenza del virus.

Questa scoperta apre nuove prospettive nella lotta contro l’influenza. Se riuscissimo a comprendere meglio i meccanismi che regolano la forma del virus, potremmo sviluppare strategie più efficaci per contrastarlo. Ad esempio, farmaci o vaccini in grado di interferire con questa capacità di adattamento potrebbero rendere il virus più vulnerabile e meno capace di sfuggire al sistema immunitario. Inoltre, il concetto di pleomorfismo virale, ovvero la capacità di assumere forme diverse, potrebbe estendersi ad altri virus pericolosi per l’uomo, come Ebola e il virus respiratorio sinciziale. Questo suggerisce che studiare la variabilità della forma dei virus potrebbe essere una chiave fondamentale per prevenire future pandemie.

Il virus dell’influenza A è molto più di un semplice agente infettivo stagionale: è un maestro dell’adattamento. La sua capacità di cambiare forma gli permette di eludere le difese immunitarie e continuare a infettare gli esseri umani con straordinaria efficienza. La ricerca in questo campo sta aprendo nuove strade per comprendere meglio i virus e sviluppare contromisure più efficaci. Nel frattempo, la vaccinazione rimane il nostro strumento più potente per ridurre la diffusione dell’influenza e proteggere la salute pubblica.

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Fabiana Gregucci

Laurea in Medicina e Chirurgia, specializzazione in Oncologia Radioterapica, Master in Biostatistica e NeuroImaging. Abilitazione MIUR a Professore Universitario. Membro di diverse istituzioni scientifiche, incluso AIRO, all’interno del quale collabora nel direttivo per lo studio del carcinoma mammario e dei tumori cerebrali. Leader di numerosi contributi e ricerche in ambito medico. Attualmente, vive a New York, dove ricopre presso WCM l’incarico di ricercatore universitario e direttore amministrativo per ROBIN (NIH/NCI U54 grant).

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