Drawing, Study 145, Beethoven's Fifth Symphony
Drawing, Study 145, Beethoven's Fifth Symphony; Designed by John De Cesare (American, b. Italy, 1890–1972); USA; color pencil, graphite on cream wove paper; H x W: 35.2 × 42.4 cm (13 7/8 × 16 11/16 in.); Gift of the Estate of John De Cesare; 1982-25-78

John De Cesare, tra grattacieli Decò e traduzione architettonica della musica

De Cesare fu il decoratore per eccellenza dell’età d’oro dell’Art Déco architettonica, che vide la costruzione di magnifici grattacieli nel cuore di Manhattan. Decorò alcuni nuovi edifici, a partire dal più famoso: l’Empire State Building.

Ho riletto il numero 139 (maggio 2000) di FMR, edito da Franco Maria Ricci, e affermo che le foto e i contenuti di quella pubblicazione non saranno mai eguagliate dal web e dalla IA. Aver creato FMR è stato un lavoro geniale, una troppo breve rinascita di un’Italia colta e ricca di artisti e scienziati, un miracolo degno del “Dizionario Bompiani delle opere e dei personaggi di tutti i tempi e di tutte le letterature”, opera che secondo J.L. Borges era la Summa del pensiero umano. Sovviene che la Marsigliese, l’inno nazionale francese, è un’opera dell’italiano Giovambattista Viotti.

E’ merito di FMR se rimane vivo il folle e cristofor-colombiano tentativo di John De Cesare (Palermo 1890-New York 1972) di tradurre in progetti architettonici opere musicali come La Valchiria di Richard Wagner o l’Ave Maria di Gounod o l’inno americano, realizzando disegni originati da un rapporto della General Foods Corporation, o tracciando il progetto per la Torre commemorativa del ponte aereo che rifornì di viveri Berlino, città rinchiusa dal regime sovietico nel 1948, quando per un anno la capitale tedesca fu provvista di cibo, acqua e medicine dall’America, con un ponte aereo quotidiano.

La torre di Berlino | Drawing, Study 86; Designed by John De Cesare (American, b. Italy, 1890–1972); USA; graphite, color pencil on cream wove paper; H x W: 61 × 45.7 cm (24 × 18 in.); Gift of the Estate of John De Cesare; 1982-25-20

Il tentativo di costruire una specie di Stele di Rosetta, con la trascodifica dal linguaggio musicale e quello architettonico, fu un lavoro monumentale che prevedeva la costruzione di un alfabeto fatto di segni grafici che traducevano le note della scala musicale di famose opere. Un lavoro titanico raccolto dal Cooper Hewitt national design museum della Smithsonian Institution, riecheggiato in un articolo pubblicato da FMR nel 2000 di Elaine Evans Dee, conservatrice emerita al Cooper Hewitt museum. L’articolo e i disegni di De Cesare raccolti nel museo restano insuperati e stupefacenti.

Ciò non è a caso. De Cesare fu il decoratore per eccellenza dell’età d’oro dell’Art Déco architettonica, che vide la costruzione di magnifici grattacieli nel cuore di Manhattan. Il piano regolatore (Zoning law) di NYC prevedeva nel 1916 limiti di spazio per i nuovi edifici, ma la possibilità di costruire illimitatamente verso l’alto. De Cesare era allora uno scultore, emulo di Canova e del classicismo.

Qui s’innesta un altro genio, quello di Frank Lloyd Wright, descritto in un monumentale romanzo di Ayn Rand: “La fonte meravigliosa” (1943). Ma prima torniamo a De Cesare.

Il boom del Déco fu clamoroso, perché annunciava l’american dream già negli anni Venti (prima della crisi di crescita del 1929). Il modello culturale-politico del New England, “patria” della Rivoluzione, non era l’illuminismo francese, e neanche la massoneria o la Magna Charta inglese, ma la Roma austera dei Gracchi, quella dell’unità dei membri della società, contro la guerra sociale predicata dai rivoluzionari di destra e sinistra. Il Déco era un mix di Barocco e Neoclassicismo e De Cesare divenne un decoratore delle mega torri che nascevano.

Decorò alcuni nuovi edifici, a partire dal più famoso: l’Empire State building, costruito nel 1931 dopo appena 13 mesi dalla posa della prima pietra. Nel 1923 lavorava per McKenzie, Voorhees & Gemlin, uno dei più affermati studi dell’Art Déco, che aveva vinto l’appalto per la costruzione della nuova sede della Compagnia telefonica di New York. De Cesare realizzò il ricco ornamento dell’edificio, fitto di richiami a sculture e stilemi dell’antica Roma, decorazioni che facevano imbestialire F.L. Wright, ribattezzato Howard Roark nel romanzo di Ayn Rand.

Il progettista del Barcley-Vesey building fu Ralph Walker, il quale aveva una passione per il lavoro di De Cesare e sosteneva che l’architettura “è molto affine al linguaggio”. La collaborazione tra Walker e De Cesare continuò per venti anni, con opere come l’Irving Trust Building al n° 1 di Wall Street e l’Empire State per il quale, come ricorda Elaine Evans Dee, De Cesare fu autore “dei modelli per i pennacchi metallici, le scanalature dei pilastri e la famosa guglia”.

Negli anni ’40 – tuttavia – il motore del Déco entrò in crisi: erano in voga i modelli funzionali di F.L. Wright e i nuovi grattacieli vivevano di riflessi del cielo, del mare e della skyline di Manhattan, grazie a una “pelle” esterna fatta di vetro a tutta parete. Gli ornamenti e le sculture non avevano più appeal. De Cesare si dedicò alla ricerca pura, sul modello degli scienziati che in quegli stessi anni stavano liberamente “giocando” nei laboratori IBM, col risultato di creare l’informatica. Era più avanti dei suoi contemporanei: scriveva un breve saggio dal titolo The theory of Visual Space in Music, e cominciò a raccogliere i suoi progetti in una List of Studies and Memorandum Notes of Exploratory Design Experiments. Trasformava in disegni ornamentali o progetti di edifici opere musicali oppure articoli del New York Times sul commercio degli Stati Uniti, o una lettera di Einstein.

Disegnò il progetto di un Berlin Airlift memorial Tower, simile al vecchio lavoro di Walker per il Barclay-Vesey building. Cominciava anche a tradurre la notazione musicale in una notazione architettonica il cui alfabeto era costituito da forme per lo più triangolari. Scrive Elaine Evans Dee che “Nel disegno basato sulla trasposizione visiva dell’Ave Maria di Gounod [derivata da un preludio J. S. Bach] per definire la larghezza della torre De Cesare utilizza le 41 battute musicali traducendole in 41 piedi (12,5 metri circa), mentre per definire l’altezza, poiché il tempo è di 4/4, moltiplica 36 x 4, ottenendo la misura di 144 piedi (44 metri circa)… Decisioni arbitrarie, come isolare le battute in cui ricorre il nome Maria e da lì creare un motivo decorativo per la cornice a colonne del disegno”.

La Quinta sinfonia di Beethoven | Drawing, Study 145, Beethoven’s Fifth Symphony; Designed by John De Cesare (American, b. Italy, 1890–1972); USA; color pencil, graphite on cream wove paper; H x W: 35.2 × 42.4 cm (13 7/8 × 16 11/16 in.); Gift of the Estate of John De Cesare; 1982-25-78

De Cesare vedeva la notazione musicale con due elementi: la durata del tempo (da sinistra verso destra), e un movimento verticale denotato dall’altezza della nota sul pentagramma. Derivava da questi due movimenti la figura angolare del triangolo. A ciò si aggiungevano altre scelte, come la distinzione tra chiave di violino e chiave di basso.

L’Inno nazionale americano The Star Spangled banner fu da lui studiato e rielaborato dal 1955 al 1968, ottenendo dalla notazione una decorazione murale in mosaico o in pittura, e una colonna sormontata da un capitello.

Nonostante la difficoltà di creare una “grammatica trasformazionale” tra musica e architettura (si noti che l’inverso è stato poi quasi realizzato da musicisti come Brian Eno e la sua “Ambient music”), i disegni di De Cesare restano la cifra di un’Età dell’oro che è un lascito vivo da non perdere. Penso a un altro tentativo geniale come lo studio “La ricerca della lingua perfetta” di Umberto Eco (1993), là dove si ricordano le note di Dante Alighieri sulla “Grammatica universale” che Dio affida a un Adamo non ancora uscito dall’Eden. O gli studi cabalistici sul Tetragramma divino, o l’Arte combinatoria di Raimondo Lullo. Sono tentativi di cui si perdono le tracce se si inseguono i fantasmi dei festival delle mele cotte e del vino analcolico. Noi, che siamo diventati dei don Chisciotte in caccia di Mulini a vento, dovremmo tornare a costruire un mondo. Nuovo.

Picture of Paolo Della Sala

Paolo Della Sala

Paolo Della Sala è uno scrittore e musicista che trova ispirazione nella musica mentre lavora ai suoi articoli e racconti. Ha collaborato con Gianni Celati e ha ricevuto influenze da figure come Paolo Fabbri, Carlo e Natalia Ginzburg e Umberto Eco. Attualmente, scrive per diverse testate, tra cui Il Settimanale, Reputation Review e L’Opinione, concentrandosi su geopolitica e cultura. Ha esperienza anche con Il Secolo XIX, Rai Radio Tre e altre testate. Ha pubblicato "Alice Disambientata" con Gianni Celati e curato l'archivio di Gianni Rodari. Nel cinema e nella TV, ha lavorato come promoter per Portofino Film Commission e come aiuto regista in videomusica e pubblicità, oltre ad essere stato interprete-musicista per La Chambre des Dames.

Condividi questo articolo sui Social

Facebook
WhatsApp
LinkedIn
Twitter

Post Correlati

Ritorna il camping di lusso Governors Island

Se stai cercando una fuga perfetta dalla frenesia della città senza allontanarti troppo, Governors Island potrebbe essere la tua destinazione ideale. E se desideri trasformare questa breve fuga in un’esperienza indimenticabile, Collective Retreats è pronto ad accoglierti con le sue

Leggi Tutto »
Torna in alto