Se l’Intelligenza Artificiale discute una tesi: il caso di Veronica Nicoletti

In un contesto sociale sempre più digitalizzato, la figura dell’avatar non rappresenta solo un supporto tecnico, ma un’estensione dell’identità e del pensiero. La sua presenza non è più solo fisica, ma anche simbolica; l’identità dello studente si moltiplica attraverso la mediazione tecnologica; la relazione insegnante-allievo si riconfigura in ambienti ibridi, tra reale e virtuale

Nel cuore dell’Italia, in un’aula dell’Università di Cassino e del Lazio Meridionale, ha avuto luogo un evento che segna una svolta significativa nel panorama educativo nazionale: per la prima volta, una studentessa ha discusso la propria tesi di laurea attraverso un avatar generato con l’aiuto dell’intelligenza artificiale.

Il caso di Veronica Nicoletti, classe 1998, rappresenta non solo un’innovazione tecnologica, ma anche un’occasione per riflettere, da un punto di vista sociologico, sui mutamenti profondi che l’educazione sta attraversando. Si tratta di un episodio che invita a riconsiderare i concetti di presenza, identità, relazione e apprendimento nel contesto dell’università contemporanea.

Secondo quanto riportato da RaiNews.it, “con la tesi ‘Educare all’Intelligenza Artificiale, educare l’Intelligenza Artificiale: mitigazione dei Bias’, Veronica Nicoletti è tra le prime studentesse in Italia a sostenere una tesi di laurea con l’aiuto di un avatar, con tanto di 110 e lode”. Un traguardo che è frutto di un progetto sperimentale che “mette l’intelligenza artificiale al servizio della scuola”, rendendo possibile una collaborazione senza precedenti tra umani e macchine nei contesti educativi.

L’avatar, racconta sempre RaiNews.it, è stato creato “grazie a un percorso di back story realizzato con l’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale” e Veronica spiega: “Lo abbiamo educato nella discussione della tesi, inserendo tutto il mio piano studi, e le indicazioni fondamentali per la discussione della tesi stessa. Un progetto rivolto anche alle future generazioni che spero possano trarre ispirazione”. Non si tratta, dunque, solo di una dimostrazione tecnologica, ma dell’intenzione esplicita di ridefinire i processi educativi in un’ottica di maggiore accessibilità e personalizzazione.

Durante la discussione, l’avatar di Veronica ha preso la parola nell’Aula Magna dell’università, rispondendo in tempo reale alle domande della commissione. Come riferisce l’articolo, “la tesi è stata discussa interamente dall’avatar Veronica che si è presentata alla commissione ed ai presenti, rispondendo alle loro domande in presa diretta. La neo dottoressa in Scienze Pedagogiche si è limitata ad assistere il suo avatar”.

Il coinvolgimento diretto del corpo docente è stato fondamentale. RaiNews.it specifica che il progetto è stato seguito “dai professori Simone Di Gennaro, Alfredo Di Tore e della professoressa Monia Di Domenico, che in questi quattro mesi hanno lavorato fianco a fianco con l’Intelligenza Artificiale per creare un avatar il più possibile corrispondente alla realtà”. Veronica ha aggiunto: “Abbiamo fornito all’avatar tutte le mie principali caratteristiche, sia caratteriali che fisiche, per adattarlo alla mia persona. Ho dovuto scegliere l’abito per questa giornata sulla base di come è stato elaborato dall’IA il mio personaggio”.

Ma l’esperienza non si è limitata alla performance accademica. Dopo l’intervento dell’avatar, Veronica ha preso la parola “con proprie valutazioni personali anche sul percorso intrapreso grazie all’Intelligenza Artificiale”, mostrando come la relazione tra umano e tecnologia possa rimanere complementare, e non sostitutiva.

Il sogno della neolaureata va oltre l’università: “Mi piacerebbe che gli studenti possano avere un avatar personale per i propri studi, che li conosca e sappia migliorare il loro apprendimento e la loro conoscenza”.

In un contesto sociale sempre più digitalizzato, la figura dell’avatar non rappresenta solo un supporto tecnico, ma un’estensione dell’identità e del pensiero. La sua presenza non è più solo fisica, ma anche simbolica; l’identità dello studente si moltiplica attraverso la mediazione tecnologica; la relazione insegnante-allievo si riconfigura in ambienti ibridi, tra reale e virtuale.

C’è, tuttavia, anche un nodo etico da non trascurare: l’uso dell’intelligenza artificiale nella formazione comporta rischi legati alla riproduzione di bias, alla disumanizzazione dei processi educativi, e alla possibile perdita di senso critico. Il titolo stesso della tesi di Veronica – “Educare all’Intelligenza Artificiale, educare l’Intelligenza Artificiale” – indica una doppia direzione: formare gli studenti a comprendere l’IA, ma anche addestrare l’IA a essere uno strumento equo e consapevole.

L’esperienza di Cassino non è un semplice “esperimento” tecnologico. È un esempio emblematico che mette in evidenza il bisogno di ripensare l’educazione come processo culturale aperto, in cui l’interazione tra umano e macchina possa diventare un mezzo di crescita, apprendimento e inclusione.

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Francesco Pira

Professore Associato di sociologia dei processi culturali e comunicativi, insegna Comunicazione Strategica, Teorie e Tecniche del Giornalismo Digitale e Giornalismo Sportivo, Social Media e Comunicazione d’Impresa, presso i corsi di laurea magistrale e triennale del Dipartimento di Civiltà Antiche e Moderne dell’Università degli Studi di Messina. A marzo 2024 è stato nominato Presidente della branch Comunicazione Media e Informazione dii Confassociazioni, di cui era stato Vice Presidente e dal giugno 2020 è Presidente anche dell’Osservatorio Nazionale sulle Fake News. Il quotidiano italiano Avvenire l’ha definito uno dei maggiori analisti italiani del fenomeno Fake News.

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