Paolo Sorrentino in collegamento insieme ai tre dei protagonisti, gli attori Celeste Dalla Porta, Dario Aita e Daniele Rienzo ha presentato al Giffoni Film Festival alcune parti del nuovo attesissimo film Parthenope, che dopo il debutto in concorso al festival di Cannes arriva nelle sale italiane il 24 ottobre con anteprime speciali a settembre.
Il film parte dal mito della Sirena Partenope, una delle più importanti tradizioni napoletane, per raccontare 50 anni di vita di una donna (interpretata in gioventù da Celeste Dalla Porta e in età matura da Stefania Sandrelli) che in qualche modo rappresenta la stessa Napoli «in quanto entrambe sono un mistero indefinibile».
Spiega il regista: «Parthenope è un film sulla giovinezza, su che cosa significa essere giovani. Perché la gioventù è una grande responsabilità: quando si è giovani si sta costruendo il futuro e al tempo stesso il proprio passato, quello che ricorderemo nella maniera più vivida, malinconica, luminosa e raggiante». E aggiunge: «Ai giovani auguro di vivere il più possibile quei momenti in cui il presente accade e basta, in cui come diceva Sandro Penna, si è talmente vivi che così vivi non si può. Una sensazione di amore, un presente che non ti mette più contro ai legami che il futuro costruisce».
Rispondendo alle domande del pubblico sulla sua poetica, Sorrentino continua: «Faccio film su ciò che non conosco, su ciò di cui sono sprovveduto» e tornando ancora di Parthenope aggiunge: «Io non conosco bene né Napoli né la donna. E mi sono accorto di questo, pur avendo vissuto la maggior parte della mia vita a Napoli e pur avendo trascorso larga parte della mia vita a pensare alle donne. E quindi ho detto, perché non fare un film sulle donne, e su Napoli?» E riflette: «Lavoro sempre per cercare di fare quello che non riuscirò mai a fare, ovvero un capolavoro».
L’ultimo commento lo riserva al suo film precedente È stata la mano di Dio (lo trovate su Netflix), largamente autobiografico. «Parthenope racconta della mia vita sognata da giovane, mentre in È stata la mano di Dio c’era la mia vita vissuta».