La notizia non c’è, ma forse si

Tra attese disattese e simbolismi diplomatici, l’incontro in Alaska apre un percorso obbligato verso la fine del conflitto.

Tanto rumore per nulla, o quasi. La stampa mondiale in genere il giorno dopo è ricorsa involontariamente a Shakespeare per la delusione di un mancato annuncio alla fine dell’incontro Trump -Putin in Alaska.

No la notizia secca non c’è. Chi si aspettava che in conferenza stampa venisse dato l’annuncio di una tregua subito e di una pace a breve , e’ rimasto deluso . Ma davvero era analiticamente giusto aspettarsi una cosa del genere ? E la grande diplomazia lavora in tempi e forme che coincidono con questa nostra richiesta di chiarezza immediata e senza se e senza ma? Il giornalismo la la giusta richiesta di chiarezza non sono spesso sulla stessa frequenza . Vediamo perché e mettiamo in fila le cose . Che i due si parlassero direttamente e’ già un successo simbolico in sé.

Poi qualcuno ha voluto intravvedere una vittoria simbolica russa, dal cerimoniale all’atteggiamento in conferenza alla cristallizzazione dell’ennesima melina. La visione opposta, sostenuta dai media repubblicani americani , hanno invece stigmatizzato il grande successo di Trump, organizzatore e ospite di casa che ha costretto lo Zar a uscire dal guscio .

La verità è che è stato comunque un successo di Trump . Putin per la prima volta ha parlato in presenza , ha accettato le regole per quando complesse di un sistema diplomatico e non più solo militare . La sua rimane una visione rigida , prende tempo , non cede sui territori occupati , ci sarà un secondo e terzo tempo anche con Zelensky. Ma da questo percorso il leader di Mosca non può uscire più , pena un isolamento definitivo nel nuovo ordine mondiale che si sta scrivendo e un incistarsi dell’ economia bellica nazionale che non può essere sostenuta a lungo .

Dunque un successo in controluce , ancora a zig zag, con tante cose da chiarire , dalle terre rare del Donbass al destino dello stesso Zelensky , al destino politico territoriale della stessa Ucraina , cuscinetto neutrale o filo russo o parte della Ue e forse della Nato? Non si poteva dipanare questa matassa in un’ unico incontro . L’America ha fretta e la Russia che fino a ieri non l’aveva ora deve averla pure lei . Poi certo per le regole del buon giornalismo anglosassone le cose non sono andate benissimo , il silenzio o l’arroganza di Putin su certi temi rimangono , ma queste vicende non si risolvono con il linguaggio del politically correct, ma del deep state internazionale .

E lo scopo e’ sempre lo stesso , che la gente smetta di morire, che la guerra finisca . Questo si il prima possibile , sennò allora il Ferragosto in Alaska rimane solo un buon titolo di un film.

Immagine di Claudio Brachino

Claudio Brachino

Giornalista, saggista ed editorialista italiano. Laureato in Lettere, passione per il teatro, ha scritto con De Filippo e Michalkov. Poi 32 anni in Fininvest e Mediaset, dove è stato vicedirettore ed anchor di Studio aperto, due volte direttore di Videonews, la fabbrica dei format, direttore di Sport Mediaset e di Radio Montecarlo news. Inoltre, ha diretto per due anni il Settimanale, magazine cartaceo e web sulle Pmi, ha scritto per Il Tempo e Il Giornale, ora è editorialista del Multimediale di Italpress, opinionista tv per Rai e La7 e direttore editoriale di Good Morning Italy. Da poco ha firmato una collaborazione per lo sport del circuito Netweek.

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