Il Presidente di Federmanager Valter Quercioli è intervenuto ai microfoni de ilNewyorkese nel podcast Ritratti, condotto da Claudio Brachino, per ripercorrere l’evoluzione dell’associazione, tra valori fondativi, innovazione e formazione delle nuove generazioni di manager.
80 anni sono un traguardo importante. Che identità ha costruito Federmanager?
Una identità solida e duplice: industriale e socio-economica. Basti pensare all’Italia del 1945, ridotta in macerie. Furono proprio i dirigenti e i manager di allora a difendere gli impianti e i macchinari, gettando le basi per la ricostruzione industriale. Quel coraggio ha contribuito a far diventare il nostro Paese la seconda manifattura d’Europa e il quarto esportatore mondiale. Oggi, circa 20.000 aziende industriali italiane sono managerializzate, e molte di queste sono eccellenze globali – dall’automotive alla moda, dal biomedicale alla farmaceutica. Sul fronte socio-economico, Federmanager ha introdotto strumenti innovativi: sanità integrativa e previdenza complementare, ben prima che diventassero temi di dibattito nazionale. Oggi, grazie a un’alta adesione, garantiamo ai nostri iscritti cure accessibili e pensioni più solide.
Come è cambiata la figura del manager?
Il manager, storicamente, era l’amministratore scrupoloso di beni non suoi. Un tecnico attento a regole e dettagli. Quella dimensione esiste ancora, ma oggi si è evoluta: il manager è anche un leader carismatico, chiamato a conquistare mercati, innovare prodotti, gestire organizzazioni complesse. Nel futuro sarà sempre più spesso anche un creativo, capace di trovare soluzioni nuove in mercati complessi. Ovviamente, senza mai perdere di vista l’etica, che per noi rimane un valore centrale.
Innovazione, digitalizzazione, sostenibilità e intelligenza artificiale. Parole spesso abusate: che significato hanno per voi?
Da oltre trent’anni, l’innovazione è il motore del cambiamento aziendale. Un prodotto, se non si evolve, oggi non vende più. Per questo il manager non può più limitarsi a gestire: deve innovare costantemente. Digitalizzazione e sostenibilità sono due declinazioni verticali di questa innovazione. La sostenibilità, in particolare, ha portato con sé una nuova attenzione verso gli stakeholder esterni: istituzioni, comunità, ambiente. Non è semplice, ad esempio, introdurre tecnologie sostenibili in settori come la moda o la cosmetica, ma è necessario. Quando c’è, l’intervento dello Stato, attraverso incentivi, è fondamentale. Per quanto riguarda l’intelligenza artificiale, all’inizio ero diffidente. Poi ho approfondito il tema anche con corsi e master ad hoc. Oggi sono conscio del suo funzionamento ne conosco i limiti e so come usarla consapevolmente. Ma, anche in questo caso, è fondamentale mantenere una bussola etica. Ecco perché come Federmanager abbiamo attivato percorsi formativi mirati per i nostri iscritti, su tutti questi temi.
Che rapporto avete con le istituzioni?
Federmanager si relaziona costantemente con i principali ministeri, siamo presenti ai tavoli di lavoro, portiamo le nostre proposte, spesso recepite anche a livello normativo. C’è un dialogo continuo e costruttivo, fondato sulla competenza tecnica e su una visione di lungo periodo.
Come formate i manager del futuro?
Abbiamo notato che molti manager sono focalizzati sulla performance esterna, ma trascurano lo sviluppo delle proprie competenze. Con questo obiettivo promuoviamo percorsi formativi innovativi, con scambi tra pari, per stimolare il confronto tra manager di diverse aziende su sfide comuni e la nostra Federmanager Academy è impegnata in azioni formative innovative che consentono al management di sviluppare le skill oggi più richieste dal mercato del lavoro. Il nostro fine è intercettare i manager tra i 30 e i 50 anni, chiamati a operare in azienda per consolidare quelle competenze che poi li accompagneranno per tutta la carriera.
Internazionalizzazione: che supporto offrite ai vostri manager?
L’internazionalizzazione non è una valigetta e via. È un processo tecnico e complesso con competenze specifiche. Le 44.000 aziende italiane che esportano stabilmente sono tutte guidate da manager o imprenditori con formazione manageriale solida. Federmanager, attraverso CDI Manager, offre il supporto di Temporary Export Manager e Manager dell’Internazionalizzazione che affiancano le aziende nell’approccio ai mercati esteri. Export e internazionalizzazione non sono la stessa cosa. Il primo è la vendita all’estero. Il secondo implica una presenza stabile, con sedi, uffici o impianti produttivi nel paese target. Entrambi vanno affrontati con metodo.
Sicurezza sul lavoro: cosa fa Federmanager?
Siamo fortemente impegnati. Tre morti al giorno non sono compatibili con un Paese civile. Le aziende managerializzate registrano tassi di incidenti molto più bassi, perché c’è attenzione e cultura della sicurezza. Stiamo lavorando con INAIL per un protocollo di formazione e supporto, anche per diffondere le best practices nelle realtà meno strutturate. La sicurezza è una questione etica e sociale, prima ancora che gestionale.
Il manager è anche custode del benessere dei lavoratori?
Sì. Il profitto fine a sé stesso non è certo un obiettivo sufficiente. La governance moderna implica attenzione al sociale, alla coesione interna, al welfare. Un’azienda in cui i lavoratori stanno bene, producono meglio, è anche un’azienda che genera margini più solidi. Questo è il nuovo paradigma: benessere e profitto camminano insieme.
Quali sono le prossime sfide per Federmanager?
Dobbiamo essere sentinelle del cambiamento. Anticipare i segnali che arrivano dalla società, dall’economia, dalla tecnologia. E soprattutto dobbiamo preparare la nostra classe manageriale ad affrontare le sfide della modernità, che si rinnovano ogni giorno. Questo è il nostro impegno.




