Lele Corvi, il fumettista di un’intera generazione si racconta

Gabriele Corvi, conosciuto ai più, anche grazie alla sua firma, come Lele Corvi, è un disegnatore è fumettista italiano classe 1964. Lele ha alle spalle anni di esperienza nel settore, collaborazioni con diversi giornali, dal Manifesto all’Avvenire, e diverse case editrici. Non è un’esagerazione dire che lo stile inconfondibile delle sue strisce ha segnato e risiede nell’immaginazione di generazioni intere, soprattutto Millennial e Gen Z: questo è dovuto soprattutto ad una proficua collaborazione con le agende e i diari scolastici della Comix, prodotti da Franco Panini Editore.

Ma il lavoro di Lele è difficile da riassumere in una sola sfilza di nomi. Nomi, però, ai quali si aggiunge anche quello de IlNewyorkese: Lele Corvi ha infatti accolto con favore l’idea di collaborare con la nostra realtà, iniziando con una prima vignetta apparsa sul quarto numero cartaceo della nostra rivista (la trovate in fondo a questa intervista), e presto vi sveleremo tutte le novità del caso. Intanto, comunque, ci siamo fatti raccontare da lui cosa significa fare il fumettista al giorno d’oggi e di come sia cambiato il ruolo della satira nel corso del tempo.

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La maggior parte delle nuove generazioni ti conosce, chiaramente, anche grazie alle vignette delle agende Comix. Ma come è iniziato il tuo percorso di vignettista?

«La collaborazione con Comix è quasi trentennale. Credo sia una delle più longeve, subito dopo quella con Il Cittadino. Quest’anno, nel 2024, ho “festeggiato” trent’anni dalla mia prima vignetta pubblicata su Il Quotidiano del Lodigiano. Il mio percorso da vignettista è nato un po’ per caso e un po’ per passione. Da sempre mi ha affascinato l’idea di raccontare tanto in poco spazio, sia che si trattasse di cronaca seria o di qualcosa di più leggero. Prima ancora di pubblicare, mi divertivo a disegnare le lezioni all’università (ottimo metodo per prendere appunti!) o fare scherzi con gli amici. Poi, un giorno, ho visto una vignetta su un giornale e ho pensato: “Questa potevo farla anch’io!”. Così mi sono proposto a Il Cittadino, e da lì è iniziata l’avventura.
P.S. Quando dico “potevo farla anch’io”, non intendo certo sminuire il lavoro di altri. Anzi, se una vignetta sembra semplice e ti fa venire voglia di provarci, è già un grande merito. Ma attenzione: far sembrare facile qualcosa che nasconde un messaggio profondo è tutt’altro che semplice!
Perciò se nel corso degli anni qualcuno guardando una mia vignetta ha pensato “potevo farla anch’io” riuscendo a spingerlo a provarci… beh sarebbe una bella soddisfazione!»

La prima vignetta di Lele Corvi comparsa su Il Quotidiano del Lodigiano

Oggi, invece, dove pubblichi maggiormente le tue vignette?

«Le vignette le pubblico sia per siti  e ancora sui giornali, anche se purtroppo lo spazio si è ridotto molto. Una volta ogni testata aveva i suoi vignettisti “di casa”, e i lettori identificavano la vignetta con il giornale. Oggi, invece, le notizie arrivano prima sul web, e i giornali spesso si limitano a rincorrere. Ma penso che una vignetta esclusiva potrebbe essere ancora un grande valore aggiunto.
Nel corso degli anni ho avuto il privilegio di collaborare con tante testate, dal Manifesto all’Avvenire, dal Corriere della Sera all’Eco di Bergamo. È stata una bella avventura, e spero che continui… anche se ogni tanto bisogna sgomitare!»

Come nasce una tua vignetta? Parti dall’attualità o segui l’ispirazione del momento?

«Dipende. Per le strisce, mi piace partire da un tema d’attualità e poi svilupparlo in un contesto più universale, spesso ispirandomi alla vita quotidiana o ai commenti sui social (che sono un mix di cinismo e comicità involontaria!).
Le vignette, invece, sono più ancorate all’attualità. A volte mi capita di rivedere vecchie vignette e notare quanto siano ancora attuali. Non è merito mio, ma più del fatto che l’umanità sembra non imparare mai dai propri errori e continua a ripeterli… con una certa creatività, devo ammettere.»

Quali sono stati gli artisti e i vignettisti che hai preso come punto di riferimento nella tua produzione artistica?

«Per le strisce, i classici come Peanuts e Calvin & Hobbes sono stati fondamentali, ma anche la meno nota Gummer Street di Phill Krohn, che mi ha sempre affascinato. Il suo stile semplice nascondeva battute profonde, che potevano strapparti un sorriso e lasciarti con l’amaro in bocca.
Per le vignette, invece, non ho mai avuto un autore-guida. Sono affascinato da stili diversi, da quelli pittorici a quelli minimalisti. È la magia della vignetta: pochi tratti e poche parole possono riassumere un’intera vicenda!»

C’è una vignetta, tra quelle che hai disegnato, che ritieni particolarmente significativa o che ha segnato un momento importante della tua carriera?

«Se devo sceglierne una, dico la prima vignetta pubblicata. Non era un capolavoro, né graficamente né dal punto di vista satirico, ma è quella che ha dato il via a tutto. Poi ricordo con piacere le vignette che mi hanno fatto vincere premi di satira, sia in Italia (come il CartoonSEA e Humor a Gallarate) che all’estero (World Press Cartoon). E, ovviamente, le strisce che mi hanno portato sulle agende Comix, che erano un sogno d’infanzia!»

La vignetta menzionata al World Press Cartoon

Che ruolo pensi che abbia la satira oggi nella società? È ancora uno strumento per stimolare il pensiero critico o, come spesso accade nell’era moderna, è fagocitata dalla velocità con cui passiamo da uno stimolo all’altro?

«Purtroppo la satira oggi è diventata un po’ “mordi e fuggi”. Una vignetta viene giudicata in un secondo, con uno scroll, in base al criterio “mi fa ridere o no”. È difficile che qualcuno si fermi a riflettere sul messaggio dietro l’immagine. La satira ha ancora il potenziale per stimolare il pensiero critico, ma richiede un pubblico che sappia prendersi il tempo di guardare oltre il primo impatto.»

Che consiglio daresti ad un giovane vignettista?

«Disegna, disegna, disegna! E sfrutta tutte le opportunità che internet ti offre: dai social per farti conoscere, ai software di grafica, fino – perché no – all’intelligenza artificiale. Non è un nemico, ma uno strumento da imparare a usare. Certo, la creatività e il talento umano resteranno sempre il cuore del mestiere, ma sapere usare bene gli strumenti fa la differenza. E poi, non smettere mai di osservare il mondo. Le idee migliori sono sempre lì, intorno a noi.»

La vignetta di Lele Corvi apparsa sull’ultimo numero cartaceo de IlNewyorkese
Picture of Francesco Caroli

Francesco Caroli

Francesco Caroli, nato a Taranto, è laureato in Scienze Politiche, Relazioni Internazionali e Studi Europei all'Università degli studi di Bari Aldo Moro. Ha iniziato a scrivere di musica e cultura per blog e testate online nel 2017. Appassionato di musica e grande fruitore di rap, attualmente collabora come project manager per l'etichetta discografica DIGA Records ed è autore per le riviste cartacee musicali L'Olifante e SMMAG! Nel 2023 ha pubblicato il saggio "Il mutamento delle subculture, dai teddy boy alla scena trap" per la casa editrice milanese Meltemi.

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