Matteo Zoppas è un imprenditore di rilievo e presidente di ICE, l’Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane. In questa intervista, approfondisce mission, strategia e obiettivi del suo incarico, soffermandosi sulle sfide e le opportunità del Made in Italy nei mercati globali.
Qual è la mission, la strategia e gli obiettivi della sua presidenza?
«La mission di ICE è promuovere e sviluppare il Made in Italy nei mercati internazionali. La promozione equivale al marketing di un’azienda, mentre lo sviluppo corrisponde al commerciale: l’obiettivo è collegare i nostri produttori con operatori e importatori esteri. La sfida è farlo con un’Agenzia di tipo pubblico, cercando un equilibrio tra esigenze imprenditoriali e vincoli amministrativi.
Un valore aggiunto che posso apportare è avvicinare la mentalità del privato al pubblico, rendendo più comprensibile il funzionamento del Sistema Paese, che include ICE, SACE, SIMEST, Cassa Depositi e Prestiti e i ministeri coinvolti. Nonostante i risultati siano già positivi, molti imprenditori non conoscono a fondo le potenzialità di questi strumenti.
Abbiamo condotto uno studio con Istat che dimostra come le aziende assistite da ICE crescano mediamente del 5% in più rispetto a quelle che non ne usufruiscono. ICE supporta le imprese portandole all’estero per esporre i loro prodotti, organizzando missioni commerciali e collettive nelle fiere. Con quasi 90 uffici nel mondo, aiutiamo le PMI a comprendere i mercati esteri, fornendo assistenza su clienti, certificazioni e burocrazia locale.
Inoltre, organizziamo incoming in Italia, portando operatori esteri a visitare distretti produttivi o a partecipare a fiere come il VinItaly, dove su 800 buyer internazionali, 500 sono selezionati da ICE in collaborazione con Fiera di Verona. Questo crea opportunità concrete per gli imprenditori italiani, anche se spesso non sanno che gran parte dei buyer presenti è stata portata da noi.
Il nostro compito è creare opportunità: il primo contatto avviene in fiera, ma i contratti si chiudono nel tempo. Aiutiamo le aziende a creare connessioni che portano a business duraturi. Siamo vigilati dal Ministero degli Affari Esteri, coordinati da Antonio Tajani, con una regia che coinvolge anche il MIMIT, il Ministero del Turismo, della Sovranità Alimentare e dell’Economia e Finanza.»
“Internazionalizzazione” è una parola complessa. Può spiegare meglio cosa significa per ICE?
«L’internazionalizzazione inizia dal commercio estero, che è il nostro compito primario, e può evolvere fino all’insediamento di unità commerciali o produttive all’estero. ICE aiuta le aziende nelle prime fasi di espansione, ma quando le vendite raggiungono un volume significativo e giustificano investimenti diretti all’estero, intervengono anche SACE, SIMEST e Cassa Depositi e Prestiti per supportare finanziariamente queste operazioni.
Agli imprenditori dico sempre: “Leggete le istruzioni per l’uso”. Conoscere gli strumenti del Sistema Paese permette di utilizzarli efficacemente. Dobbiamo superare lo scetticismo legato a esperienze passate: non abbiamo la bacchetta magica, ma siamo un’infrastruttura su cui basare lo sviluppo dell’internazionalizzazione.»
Le PMI e le Start-up sono centrali nel tessuto imprenditoriale italiano. Qual è il loro ruolo nell’internazionalizzazione?
«Le PMI rappresentano il 95% del tessuto imprenditoriale italiano e sono un modello di creatività e ingegno riconosciuto a livello mondiale. A differenza degli Stati Uniti, dove l’innovazione nasce spesso da grandi investimenti in ricerca e sviluppo, in Italia anche le PMI e le microimprese riescono a creare prodotti unici grazie a genialità e capacità artigianale.
Questo modello ha un potenziale enorme anche per le start-up. Al CES di Las Vegas abbiamo rilevato un aumento degli investimenti nelle start-up italiane del 60-70% nell’ultimo anno, un segnale di grande interesse internazionale. Tuttavia, dobbiamo accelerare sull’Intelligenza Artificiale, sfruttandola con creatività per evitare di rimanere indietro rispetto ad altri Paesi.»
Il Ministro Tajani ha delineato obiettivi ambiziosi per il Made in Italy all’estero. Come ICE può contribuire a raggiungerli?
«L’obiettivo di Tajani è portare l’export Made in Italy a 700 miliardi di euro, rispetto agli attuali 620 miliardi. Ci sono però alcune criticità da affrontare: la crisi dell’automotive in Germania, la performance altalenante della Cina, il conflitto in Ucraina e la questione dei dazi negli Stati Uniti.
Tuttavia, ci sono anche enormi opportunità. Il Piano Mattei può favorire l’espansione in Africa, un mercato con un potenziale immenso. Anche l’aerospaziale è in forte crescita: la Space Economy globale passerà da 600 a 1600 miliardi di euro nei prossimi 10 anni e l’Italia può ottenere una quota significativa di questo mercato.
Negli Stati Uniti, il Made in Italy genera un volume d’affari di 67 miliardi di euro, ma si prevede un lieve calo a 65 miliardi nel 2025. La preoccupazione maggiore riguarda i potenziali nuovi dazi. Se venissero imposti, l’impatto potrebbe variare da una riduzione di 3 miliardi fino a 11 miliardi di euro.
Consideriamo però che a questo va aggiunto 7.5 punti percentuali di aumento di capacità d’acquisto del dollaro, che quindi ci agevola perché “nettifica” leggermente l’importo e l’impatto dei dazi e soprattutto che la catena distributiva ha dimostrato in varie situazioni di assorbire anche certi aumenti di costi. Speriamo che accada anche stavolta e che, se ci saranno questi dazi (che speriamo che la diplomazia riesca a scongiurare) vengano in qualche modo in parte almeno riassorbiti. L’Italia può avere un ruolo importante da questo punto di vista: stato ampiamente dimostrato che abbiamo un rapporto privilegiato con gli Stati Uniti, credo che vada dato merito a questo governo, e alla Premier Meloni in particolar modo, di aver saputo costruire nel tempo dei rapporti dei rapporti solidi. Questo a prescindere dal risultato finale di questa situazione legata ai dazi.
Qual è il messaggio finale agli imprenditori italiani?
«Il Made in Italy ha un valore riconosciuto nel mondo, ma per sfruttarlo al meglio bisogna conoscere gli strumenti del Sistema Paese e superare lo scetticismo. ICE è un’infrastruttura a disposizione delle imprese per crescere all’estero, ma serve un cambio di mentalità: investire, innovare e affrontare i mercati globali con coraggio.
Le opportunità ci sono, ma dobbiamo andare a prendercele, supportando gli imprenditori in questo percorso di internazionalizzazione. Siamo qui per aiutarli a farlo.»