Giorgio Carera: “La leadership? Si costruisce sul campo. E con etica”

Dall’Alto Garda agli Stati Uniti, Carera racconta, nel podcast “Ritratti” de ilNewyorkese, condotto da Claudio Brachino, la sua vision, che ha portato l’azienda italiana che dirige a primeggiare in America nel proprio settore

Giorgio Carera è l’amministratore delegato di FAE USA Inc. filiale americana di FAE Group, azienda trentina specializzata nella produzione di macchine pesanti per applicazioni forestali, stradali e di sminamento. Ma definirlo solo un manager sarebbe riduttivo: Carera è un intraprendente visionario che ha vissuto sulla propria pelle tutte le fasi della costruzione e del consolidamento di un’impresa all’estero. Il suo cammino professionale parte dal Lago di Garda e arriva ad Atlanta, passando per Bangkok, Amsterdam e Chicago.

Un percorso che ha richiesto dedizione, spirito di sacrificio e una profonda comprensione del contesto culturale americano: «Mi sono integrato anche grazie a mia moglie, che è americana. La combinazione della cultura italiana con quella statunitense mi ha aiutato moltissimo, sia dal punto di vista umano che nel business. Mi ha permesso di capire la mentalità americana, di inserirmi meglio nel tessuto sociale e professionale, di costruire relazioni solide. Questa “formula” culturale mista ha facilitato davvero il mio lavoro».

Quando, vent’anni fa, si è trasferito ad Atlanta, la sede americana del di FAE Group era agli albori: «Esisteva da poco più di un anno e contava solo due dipendenti. Ho avuto la fortuna di prenderla in mano fin dall’inizio, occupandomi di tutto: vendite, finanza, marketing inventario…ero un factotum. Oggi siamo un’azienda solida, con oltre 50 dipendenti, una sede nostra, costruita da noi, e una struttura ormai ben consolidata».

Il settore in cui opera Carera non è quello tipico del Made in Italy: niente moda, cibo o design. «Ci occupiamo di prodotti pesanti, soprattutto per il settore forestale, la costruzione stradale e lo sminamento».

Una delle aree principali è quella della prevenzione incendi: «Le nostre macchine servono per rimuovere il sottobosco e creare barriere antifuoco, fondamentali per proteggere i parchi naturali della West Coast. All’inizio era difficile far capire agli ambientalisti che non stavamo distruggendo la natura, ma la stavamo salvaguardando. C’è voluto tempo, ma oggi questa consapevolezza sta crescendo, ma c’è ancora tanta strada da fare».

Nel suo libro Sales Leadership & Business Development – Boots on the Ground, Giorgio Carera sintetizza la propria filosofia manageriale in una formula chiara: la leadership si esercita sul campo, non dietro una scrivania. «Essere fisicamente presenti ti permette di prendere decisioni più corrette e strategiche. La mia filosofia è sempre stata questa: boots on the ground, la potenza della presenza. Ma attenzione: essere presenti non significa fare micromanagement. Bisogna saper delegare, ma per delegare in modo efficace devi conoscere bene ciò che accade dietro le quinte».

Una visione che contrasta con le tendenze attuali di smart working, webinar, call a distanza: «Sì, è vero, ma io credo che la tecnologia debba essere complementare, non sostitutiva. Il rapporto personale è fondamentale. Quando un cliente vede il CEO su un cantiere, capisce che siamo realmente coinvolti. La reputazione si costruisce così, con la presenza, non con le slides. Poi certo, la tecnologia ci aiuta a fare cose incredibili, ma non potrà mai sostituire del tutto il contatto umano».

Nel suo libro insiste molto anche sull’importanza della leadership etica e trasparente: «Etica e trasparenza sono tutto. I clienti percepiscono subito se sei sincero o meno. Io sono cresciuto con questi valori e cerco di trasmetterli anche ai miei collaboratori. L’etica non si insegna a quarant’anni: o ce l’hai o non ce l’hai. Per questo, quando assumiamo nuovi dipendenti, cerchiamo persone che condividano i nostri valori, perché rappresentano l’azienda».

Carera insiste sull’importanza di lasciare un’eredità che vada oltre i numeri: un lascito valoriale, un metodo da trasmettere alle nuove generazioni. «Voglio lasciare qualcosa che resti, costruire un gruppo di giovani capaci di portare avanti l’azienda nello stesso modo in cui l’abbiamo costruita finora. La proprietà è impegnata da più di 35 anni, io da venti. L’obiettivo è che l’azienda continui ad andare bene, anzi, ancora meglio. Questa è la speranza: che ciò che abbiamo costruito non si disperda, ma venga potenziato da chi verrà dopo».

Il segreto sta nel considerare sempre gli obiettivi raggiunti un nuovo punto di partenza e mai un punto d’arrivo: «Assolutamente. Non sono mai soddisfatto, e neanche l’azienda lo è. Il mio sogno è continuare a farla crescere, portarla al primo posto negli Stati Uniti, dove siamo già molto vicini. Lavorativamente, sogno nuovi prodotti, diversificare per ridurre i rischi».

Picture of Claudio Brachino

Claudio Brachino

Giornalista, saggista ed editorialista italiano. Laureato in Lettere, passione per il teatro, ha scritto con De Filippo e Michalkov. Poi 32 anni in Fininvest e Mediaset, dove è stato vicedirettore ed anchor di Studio aperto , 2 volte direttore di Videonews, la fabbrica dei format, direttore di Sport Mediaset e di Radio Montecarlo news. Inoltre, ha diretto per due anni il Settimanale, magazine cartaceo e web sulle Pmi, ha scritto per il Tempo e il Giornale, ora è editorialista del Multimediale di Italpress, opinionista tv per Rai e La7 e direttore editoriale di Good Morning Italy. Da poco ha firmato una collaborazione per lo sport del circuito Netweek.

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