Le elezioni americane interessano, ovviamente, non soltanto l’America ma, per tanti motivi, tutto il mondo. Non solo per quello che gli Stati Uniti rappresentano in termini di potenza militare, culturale e politica, ma anche perché tutto il mondo, soprattutto il mondo occidentale, guarda sempre all’America come alla patria della democrazia, come al simbolo della democrazia stessa, di cui le elezioni presidenziali rappresentano in qualche modo un po’ la summa delle liturgie.
Tra i paesi che guardano con grande interesse delle elezioni americane c’è, ovviamente, l’Italia, che ha straordinari rapporti i con l’America per mille motivi antropologici, culturali, politici, commerciali, militari, ma è interessante soprattutto come l’Italia fino a questo momento ha descritto nei suoi media, i grandi giornali, i talk televisivi, i grandi siti Internet, il dibattito pubblico, quello che sta accadendo in America. Anche io tengo per l’agenzia di stampa Italpress una rubrica che si chiama USA 24 dove, in collegamento settimanale con Stefano Vaccara, corrispondente da ottobre del 2023 proprio di Italpress, raccontiamo un po’ tutta questa avventura, tutto questo viaggio che porterà alle elezioni di novembre.
Finora è stato notevole lo spazio che, sui giornali italiani, hanno avuto le lezioni americane: c’è stata una grande attenzione alle primarie, al processo a Trump, all’attentato a Trump, alle difficoltà fisiche di Joe Biden, alla sofferta decisione del Partito Democratico di sostituire in in corso il candidato alle presidenziali; poi la convention dei repubblicani a Milwaukee e, in questi giorni, la chiusura della convention Democratica a Chicago, con Kamala Harris che ha accettato formalmente la candidatura a presidente degli Stati Uniti per il suo partito.
Detto questo, si tratta di vedere poi che tipo di attenzione è ed è stata, qual è la visuale italiana, diciamo nel suo complesso, rispetto a questo grande evento politico e sociale. Diciamo che, fino a questo momento, l’analisi era sostanzialmente imparziale, con le solite preoccupazioni che sempre hanno accompagnato, soprattutto da parte del mainstream dominante di sinistra su Trump, quindi la follia di Trump e l’egotismo di Trump, la sua visione poco rispettosa delle istituzioni, che cosa poi avrebbe fatto Trump con la Nato, cosa avrebbe fatto Trump con le grandi questioni internazionali aperte – soprattutto il conflitto in Ucraina e il conflitto in Medioriente. Ora, con il cambio in corsa e l’arrivo di Kamala Harris, sembra che il racconto sia molto spostato di fatto su una sorta di tifo per lei, perché è giovane, perché viene da un’esperienza politica nella grande e progressista California, perché rispetto al mondo dei diritti è sicuramente più sensibile, vista la sua storia personale, e mi riferisco anche al tema dell’immigrazione.
È come se intorno alla alla sua figura si fosse creato un alone magico, o meglio, lo sta creando una parte del mondo culturale politico italiano. Un mondo che appare tranquillizzato nel caso della vittoria di Kamala, pur di non dover avere che fare con il cattivo, con il cupo, con l’imprevedibile, con il super reazionario in materia anche di immigrazione e di diritti civili e sessuali che è The Donald. insomma, gran parte della cultura italiana, gran parte del mainstream italiano, togliendo alcuni giornali di cento destra, guardano con grande attenzione al successo della Vicepresidente, descritta ora come una figura a tutto tondo positiva, il futuro, la luce, il progresso, la rassicurazione. Ora viene riscritto e adattato anche Obama: non più Yes I can, ma Yes we can, noi possiamo tutti quanti, noi di mondo, quelli di quella cultura, noi possiamo farcela. insomma, l’Italia ha già espresso i suoi grandi elettori.