The Donald per la pace

Perché no? Perché i puristi e i politically riunificati storcono il naso, per essere eufemistici, quando sentono parlare di Nobel per la pace accostato a Donald Trump? Il Presidente ci tiene, ci conta, lo sogna, ci aspira. Come era già accaduto nel 2009 per il  democratico Obama, figura perfetta invece per la woke culture e gli snob del salotto universale.

Chi come me ha una lunga storia nel racconto del terrorismo mondiale degli ultimi decenni, ricorda però un episodio rimosso dalla storia ufficiale (scritta dai vincitori) ma che trova poco spazio nelle storie controcorrente, anche quelle della democraticissima informazione americana. Obama nel 2011 era nella situation room a guidare uno dei blitz più feroci di sempre, quello in cui i Navy seals si sono calati dal cielo ad Abbotabad in Pakistan di notte nella villa di Osama Bin Laden, il capo di Al Qaeda, il grande nemico, la mente dell’11 settembre. I soldati americani, prima di ucciderlo, hanno ammazzato senza troppi preamboli tutti quelli che hanno incontrato,  donne, bambini, innocenti.

Trump non è sicuramente un agnellino negli atteggiamenti e nel discorso pubblico, ma in politica estera è molto prudente. Vuole tenere fede alle promesse elettorali, niente sangue americano sparso per il mondo per fare i gendarmi della geopolitica terracquea, e lo sforzo costante di arrivare alla pace sia in Ucraina che in Medioriente.

Discutibile quanto si vuole, uno straccio di dialogo con Putin è ripreso. Lo Zar non ha fretta e per ora dà le carte, anche sul campo, ma il bottino pieno non lo avrà e alla fine al tavolo con Zelensky (ridimensionato, criticato, ma mai mollato per davvero) si dovrà sedere. Anche l’economia russa , tutta bellica ormai, reggerà per poco.

Nello scacchiere infiammato del Medioriente, Trump mantiene l’alleanza storica con Israele ma cerca l’alleanza con l’Arabia Saudita e non umilia l’Iran, pur “martellandolo” per una notte. E’ lui a non concedere la testa di Khamenei a Netanyahu, è lui a spingere in queste ore per la tregua a Gaza. Una soluzione politica ancora non c’è, ma che intanto tornino a casa gli ostaggi e la popolazione palestinese allo stremo venga aiutata. La pace è spesso imperfetta o asimmettrica, ma è sempre l’antitesi delle guerre. Ovvero morte e distruzione. Se Donald dovesse riuscire niente pre-giudizi.

Farò il tifo per lui a Stoccolma.    

Picture of Claudio Brachino

Claudio Brachino

Giornalista, saggista ed editorialista italiano. Laureato in Lettere, passione per il teatro, ha scritto con De Filippo e Michalkov. Poi 32 anni in Fininvest e Mediaset, dove è stato vicedirettore ed anchor di Studio aperto, due volte direttore di Videonews, la fabbrica dei format, direttore di Sport Mediaset e di Radio Montecarlo news. Inoltre, ha diretto per due anni il Settimanale, magazine cartaceo e web sulle Pmi, ha scritto per Il Tempo e Il Giornale, ora è editorialista del Multimediale di Italpress, opinionista tv per Rai e La7 e direttore editoriale di Good Morning Italy. Da poco ha firmato una collaborazione per lo sport del circuito Netweek.

Condividi questo articolo sui Social

Facebook
WhatsApp
LinkedIn
Twitter

Post Correlati

Ritorna il camping di lusso Governors Island

Se stai cercando una fuga perfetta dalla frenesia della città senza allontanarti troppo, Governors Island potrebbe essere la tua destinazione ideale. E se desideri trasformare questa breve fuga in un’esperienza indimenticabile, Collective Retreats è pronto ad accoglierti con le sue

Leggi Tutto »
Torna in alto