Non sappiamo chi sono i nostri figli

Noi non sappiamo chi sono i nostri figli. È una sorta di grido collettivo che rimbalza dai titoli dei giornali ai talk e al web nel dibattito pubblico italiano e non solo.

Lo chock deriva dalla visione di una serie che sta facendo discutere tutto il mondo, non solo quello occidentale. La serie si chiama Adolescence, la distribuisce la piattaforma di Netflix e, con sorpresa degli stessi autori, è prima nella visione di ben 80 paesi. La serie è ispirata a fatti reali e sta portando nella discussione l’influenza della rete nella visione del mondo dei più giovani e dei più fragili.

Ma prima di entrare nella questione etica e deontologica, facciamo un salto nella realtà reale, quella della cronaca. Ieri a Frascati, in provincia di Roma, un 15enne ha dato una coltellata nel petto a un 16enne al temine di una lite. La lama è arrivata vicino al cuore: la vittima è grave, ma forse sopravviverà. L’autore del tentato omicidio è stato rintracciato e fermato. La sua confessione è raggelante: l’ho colpito perché mi doveva 60 euro per una felpa. Ammesso che ci sia una giusta contabilità, la vita umana vale comunque di più. Si chiamavano, e si chiamano ancora, futili motivi.

Ma il linguaggio è troppo leguleio, come la famosa banalità del male è troppo ideologica. Parlerei piuttosto di “facilità del male”, il farlo senza problemi, senza particolari motivi e senza nessuna valutazione delle conseguenze. Una cosa la sappiamo dei nostri figli: li abbiamo  educati senza nessuna piattaforma etica. Cioè senza nessuna scala di valori condivisi. In questa dis-educazione il virtuale, accessibile e anarchico, di web e social, l’assenza della famiglia e della scuola, la perdita della presa della politica sulla realtà delle persone, ci hanno dato una mano, anzi hanno tolto la mano mentre scivolavamo giù nel burrone.

Altre volte ho scritto su questa testata dei nostri adolescenti violenti. A Milano, dove vivo, il conflitto con le baby gang nordafricane è arrivato al punto di guardia, ma il problema, come dice il successo della serie, è ormai globalizzato. Perché globalizzato è ormai il fenomeno di internet e lo sviluppo vorticoso delle tecnologie della comunicazione. Che non sono il male in sé, ma se hanno una parte di male nella costruzione del cervello dei nostri figli non possiamo restare qui con le mani nelle mani (sembro Cocciante).

La sindaca di Frascati ha respinto le accuse generiche alla sua comunità, a suo dire sana e ben presidiata dalle forze dell’ordine. È un aspetto del problema, per carità, ma mi piacerebbe pensare che due controlli in più mi tolgano da questa ansia di padre, cittadino e giornalista.

Non dormo sereno se penso che potrei  non conoscere a fondo il 18 enne che dorme due stanze più in là.

Picture of Claudio Brachino

Claudio Brachino

Giornalista, saggista ed editorialista italiano. Laureato in Lettere, passione per il teatro, ha scritto con De Filippo e Michalkov. Poi 32 anni in Fininvest e Mediaset, dove è stato vicedirettore ed anchor di Studio aperto , 2 volte direttore di Videonews, la fabbrica dei format, direttore di Sport Mediaset e di Radio Montecarlo news. Inoltre, ha diretto per due anni il Settimanale, magazine cartaceo e web sulle Pmi, ha scritto per il Tempo e il Giornale, ora è editorialista del Multimediale di Italpress, opinionista tv per Rai e La7 e direttore editoriale di Good Morning Italy. Da poco ha firmato una collaborazione per lo sport del circuito Netweek.

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