narrazioni mediorientali

Narrazioni mediorientali

C’è una parola molto abusata in politica, ma si fa fatica a trovarne una sostitutiva perché ha ancora il dono della sintesi e della funzionalità: narrazione. Non si tratta di un mero racconto, ma di un‘organizzazione di segni che ha un valore simbolico, che incide sull’opinione pubblica e condiziona i media, che a loro volta sono tra i principali azionisti della narrazione medesima. Insomma, una struttura complessa, tirata troppe volte per la giacchetta da chi se ne deve servire al momento.

Dopo questa breve introduzione teorica speriamo di essere più chiari quando diciamo che, in Italia, la narrazione delle povere vittime palestinesi ha ormai sopraffatto quella delle povere vittime israeliane nell’attentato terrororistico di Hamas. Per non parlare poi dei poveri ostaggi ancora prigionieri, di loro non importa quasi niente a nessuno nella cosiddetta sensibilità occidentale. Nel weekend appena passato sono tornati i cortei Pro Gaza e ormai ogni ragionamento sulle differenze fra i i civili inermi e Hamas è saltato. Eppure buona parte del mondo, comprese le grandi authority diplomatiche come l’Onu, non riconoscono Hamas come soggetto politico, rimarcando che si tratta di movimenti di ispirazione terroristica.

La stessa cosa sta accadendo in queste ore in cui si è pericolosamente infiammato il Fronte del nord con Hezbollah, che in realtà non è un partito che ha vinto le elezioni in Libano, ma un gruppo religioso militare che è emanazione del potere iraniano. Nelle narrazioni dominanti in Italia, Israele ormai è il cattivo e il suo famigerato servizio segreto, il Mossad, è una macchina diabolica che uccide in ogni parte del Mondo, fregandosene degli effetti collaterali, ovvero vite umane innocenti. Anche i nostri politici ci cascano e Conte, leader del M5S, si è beccato la condanna pubblica della comunità ebraica italiana per aver sminuito, minimizzato, spento la gravità dell’attentato del 7 ottobre.

La critica è il sale della democrazia e ci deve permettere di criticare gli errori o gli eccessi di Israele senza paura, ma guai a cadere nella trappola di “narrazioni“ che in fondo mirano solo all’annullamento dell‘unica democrazia del Medio Oriente. L’antisemitismo è un virus dell’Occidente, non del mondo islamico, sempre quiescente e sempre pronto a colpire.

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Claudio Brachino

Giornalista, saggista ed editorialista italiano. Laureato in Lettere, passione per il teatro, ha scritto con De Filippo e Michalkov. Poi 32 anni in Fininvest e Mediaset, dove è stato vicedirettore ed anchor di Studio aperto , 2 volte direttore di Videonews, la fabbrica dei format, direttore di Sport Mediaset e di Radio Montecarlo news. Inoltre, ha diretto per due anni il Settimanale, magazine cartaceo e web sulle Pmi, ha scritto per il Tempo e il Giornale, ora è editorialista del Multimediale di Italpress, opinionista tv per Rai e La7 e direttore editoriale di Good Morning Italy. Da poco ha firmato una collaborazione per lo sport del circuito Netweek.

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