Sono domande che possono sembrare semplici, ma che rischiano di mettere in crisi le alleanze occidentali di Kiev nella guerra contro la Russia. Il dado è tratto: le truppe ucraine hanno effettuato incursioni in territorio russo con il supporto di droni e missili. Non si tratta di una contro-invasione, ma piuttosto di un’incursione, un diversivo tattico, una nuova strategia vista la sostanziale impasse sul lungo fronte del Donbass, che si estende per 1.200 km.
Non è chiaro quanto Putin sia destabilizzato, sia sul piano dell’opinione pubblica interna che su quello militare, né come reagirà. Non si capisce bene nemmeno quanto Kiev voglia insistere con questo atteggiamento. Tuttavia, almeno in Italia, il dibattito è già acceso. Tajani, vicepremier e ministro degli Esteri, ha precisato che le armi fornite all’Ucraina non erano “per offendere,” mentre gli ucraini sottolineano che in questa operazione non stanno usando le nostre armi.
Crosetto, ministro della Difesa, si dice sostanzialmente in imbarazzo, come altri esponenti di Fratelli d’Italia, ma Giorgia Meloni, appena arrivata in Puglia per le vacanze, almeno ufficialmente tace. La NATO e l’Europa per ora appoggiano Zelensky, ma se la situazione attuale dovesse persistere o aggravarsi, è certo che il dibattito politico in Italia si infiammerà a settembre. All’interno della maggioranza, la Lega è già in agitazione, e buona parte dell’opposizione, con i grillini in testa, è in fermento.
Molti opinion leader, come Paolo Mieli, trovano ipocrita chiedere a un alleato come, quanto e dove debba difendersi, e forse hanno ragione, ma il tema geopolitico resta cruciale. Da aggrediti e vittime del tiranno di Mosca ad aggressori con le armi altrui il passo è breve. La narrazione cambia improvvisamente, e così il sistema delle alleanze. E se poi dovesse tornare Trump…