Lo stato di salute della democrazia è uno dei grandi temi della democrazia stessa o, meglio delle principali democrazie occidentali.
In Italia, dopo la vittoria alle politiche del settembre del 2022 da parte di Giorgia Meloni, è un tema ricorrente e per certi versi ossessivo da parte delle opposizioni e di una parte del mainstream giornalistico e culturale.
Per essere chiari la domanda è: ma questo governo, pur legittimo dal punto di vista democratico ovvero della regolarità delle elezioni, è di fatto poi democratico nella sostanza, nella sua visione, nella sua azione? È democratico quando pensa di rifare un pezzo della nostra costituzione con l’autonomia differenziata, ma soprattutto con il premierato che ridurrebbe i poteri del Presidente della Repubblica e del Parlamento?
E che dire poi della discussione sulla libertà dei giornalisti in termini di cronaca giudiziaria, sull’autonomia della magistratura, le polemiche con un singolo giornale come Repubblica o con una singola emittente come La7?
Insomma il tema dell’opposizione, culturale più che politica, alla Meloni è la convinzione che la premier sia una post-fascista e non la leader di una nuova destra conservatrice europea. Una post-fascista che non amerebbe i principi della democrazia stessa.
Sarà una coincidenza inquietante, sarà un caso ma queste contestazioni le ritroviamo in sostanza in documenti ufficiali come la lettera dell’Unione Europea in cui all’Italia si contesta proprio un deficit di democrazia, con un cattivo livello della nostra informazione.
Giorgia Meloni in visita da un signore che non è proprio un simbolo della democrazia ma uno dei più grandi dittatori del mondo, perché rappresenta la potenza economica e militare della Cina, ovvero Xi Jinping, risponde per le rime a Ursula Von Der Leyen dicendo che si tratta di esagerazioni ispirate dai media italiani che la contestano.
In particolare dice che la governance della Rai non l’ha fatta lei ma che l’ha già trovata così e che in sostanza la Ue, tra i tanti problemi che ha, non dovrebbe avere quello della governance della principale azienda culturale del paese.
Al di là delle polemiche, il punto è: davvero c’è in Italia una preoccupazione per la democrazia? Siamo chiari allora, nonostante le ferite, le fragilità, gli errori, siamo ancora nel pieno del tracciato indicato dalla nostra costituzione.
Lo testimoniano episodi come quello dello scrittore Scurati, che viene censurato o comunque cancellato da un programma della Rai, ma che per la polemica conseguente viene citato in piazza, in altri programmi, nei giornali, nei siti, fino ad arrivare a una visibilità enormemente superiore a quella che gli avrebbe dato quel singolo programma.
Insomma, il nostro paese può guardare alla più grande democrazia del mondo, gli Stati Uniti, senza vittimismo e senza complessi di inferiorità. Non che l’America non abbia i suoi problemi, abbiamo assistito a un attentato e a polemiche furibonde sullo stato di salute di un leader.
Detto questo, la campagna per le presidenziali di novembre rimane un grande tema di passione politica mondiale, come testimonia il cambio in corsa tra Joe Biden e Kamala Harris. E noi italiani lo seguiremo con grande libertà democratica.