La solitudine dei numeri uno. È un bel titolo giornalistico (lo faccio mio) anche se l’ispirazione deriva dalla solitudine dei numeri primi, romanzo di Paolo Giordano. Canzoni e romanzi ispirano sempre i miei editoriali, le mie riflessioni. Stavolta il focus è apparentemente sportivo, la sconfitta di Sinner con Alcaraz agli US Open a New York e la conseguente perdita dello scettro, ovvero il non essere più il vertice del tennis mondiale.
Che cosa accade nel trapasso dall’essere il numero uno a diventare in poche ore, in una intensa notte italiana (fuso orario), il numero due? Prima il venerato, l’invincibile, decine e decine di articoli di decine e decine di pensatori del tennis, dalle questioni tecniche a quelle metafisiche, esistenziali, sociologiche, fiscali. E sempre con il solito spirito divisivo italiano. Ricordate? Sinner è l’orgoglio italiano nel mondo. No, Sinner ha i capelli rossi come uno scozzese, nomi e famiglia altoatesini che sembrano austriaci prima dell’Unità d’Italia e poi l’italiano neanche lo parla bene.
Sinner dice a ogni grande vittoria grandi cose, parole di buon senso che ispirano buoni valori, i genitori, le persone che stanno male. No, Sinner dice in fondo banalità e poi che italiano è se vive a Montecarlo e non paga le tasse da noi e poi non è andato neanche da Mattarella, che intanto ha già invitato al Quirinale quel pezzo d’Italia che sempre ieri ha vinto ed entusiasmato, ovvero le ragazze del volley (chiamiamole così) che hanno conquistato il mondiale.
Da poche ore, tutto finito. Ho sentito con le mie orecchie in un programma che conduco che Alcaraz, dai, si vede che è più forte. Ha più colpi, è più creativo, è più spettacolare. Ed è anche più empatico.
Per noi del Newyorkese che lavoriamo sul ponte culturale, economico ed editoriale fra Italia e Stati Uniti ci voleva un grande torneo americano per disfarsi di un numero uno italiano. Che già parla da numero due, ha già perso l’aura come direbbe Baudelaire.
«Sono diventato prevedibile», ha detto il povero Jannik, come se fosse un racchettaro qualsiasi. È giovane, avrà tempo di rifarsi, ma lassù, nella solitudine dei numeri uno, deve essere difficile restarci a lungo. Meglio forse per un po’ la rabbia darwiniana e popolare del numero due.
«Devo uscire dalla zona di comfort», ha aggiunto Sinner. Questo mi ha deluso, il segno di questa generazione. Lassù sull’Olimpo di tutte le cose, dallo sport alla vita, non c’è mai tranquillità. Anzi, tutto e tutti congiurano per tirarti giù.
Troppo correct, caro mio, ma ci hai dato grandi emozioni e ti auguro di tornare presto in vetta. Con colpi, e pensieri, meno prevedibili.