Torno a parlare di Milano, la capitale economica dell’Italia. E ne torno a parlare in termini di sicurezza. E ancora una volta i protagonisti sono irregolari, precisamente marocchini. Non è né razzismo, né fissazione xenofoba o comunque ideologica. È pura cronaca e anche, certo, inevitabile riflessione politica sulla cronaca medesima.
La zona intorno alla stazione Centrale, uno degli snodi di comunicazione più importanti del paese, da tempo è fuori controllo e niente e nessuno sembra volerci o poterci mettere le mani. Non lo fa il sindaco di sinistra della città, non lo fa nemmeno la destra governativa che non cavalca ma neanche interpreta stavolta la paura dei cittadini.
La storia è questa: un giovane fa un lungo viaggio in treno da Bari tutta la notte per fare un concorso al mattino, viene braccato in un sottopasso vicino alla stazione da tre balordi che lo picchiano selvaggiamente e lo derubano. Li trovano in fretta, sono conosciuti, sanno dove bivaccano, hanno una sfilza di precedenti lunga quanto la penisola. Ora hanno trovato casa, si fa per dire, nell’accogliente Milano del melting pot dei salotti bene. Tanto loro lì non ci passano, né fanno i concorsi per infermiere per vivere.
Il problema è proprio questo, i tre marocchini sono irregolari ma non invisibili. Sono tollerati dal sistema, ai margini certo, ma tollerati. Tollerati non vuol dire integrati, da nessun punto di vista. E allora perché non rispedirli nella loro patria, del resto conosciuta, nel vicino Marocco? Ah ..ai posteri, credo alla lettera, l’ardua domanda.