Tanto tuonò che piovve. Sono mesi che gli analisti di tutto il mondo, quelli seri, quelli non prezzolati, dicono che il costo del denaro negli Stati Uniti e in Europa è eccessivo e che alla fine avrebbe inciso non solo sulla crescita ma anche sulla resistenza delle singole economie dei vari paesi. Lo schema è sempre lo stesso ed è anche banale: se si combatte l’inflazione con una politica monetaria dura e pura, e per troppo tempo, si arriva alla recessione.
La Fed americana non ha mantenuto la sua promessa di tagli per il 2024 perché la Bidenecomic nel complesso teneva ma ora si scopre che invece era una bolla, i dati negativi sull’occupazione e il cattivo andamento delle big tech hanno fatto crollare le borse di mezzo mondo. Ora, elezioni o non elezioni, il signor Powell deve riportare il costo del danaro al 3 per cento entro la fine dell’anno.
Il mercato ha bisogno di liquidità. E l’Europa, sempre con lo sguardo rivolto olltreoceano, che farà? La signora austera Lagarde, che ha tolto un solo quarto di punto a quel 4,5 che è un record di ignominia nella breve storia dell’euro, che farà? Si adeguerà certo e subito. Anche perché le vecchie locomotive d’Europa, Germania e Francia, sono in crisi. Regge invece la sempre bistrattata Italia guidata dal presente cattivo centro-destra.
Anche perché diciamolo, e io sono tra quelli che lo dice da tempo, con l’inflazione al 2,5 non ha senso questa durezza. Per le famiglie, per le aziende, per i mercati. Non aver già abbassato i tassi è una vergogna che ha motivazioni diverse esterne al raggiungimento di quel 2 ideale dell’inflazione che è feticcio formale. Ora che il mondo trema però non si può più giocare, sennò il tonfo generale sarà catastrofico più del Covid .