Olimpia olimpiadi francia editoriale

Addio cara Olimpia

A proposito di Olimpia, mentre rischiano di rompersi i rapporti diplomatici tra Italia e Algeria, paese non tra i primi al mondo per il riconoscimento delle diversità sessuali, che fine ha fatto, al di là della nostra provocazione, il suo spirito inclusivo?

Ah che bei tempi quelli in cui si guardava soprattutto al medagliere e la domanda principale, giunti quasi a metà dell’opera, era: siamo forti, siamo bravi, vale più il bilancio complessivo delle medaglie o valgono alla fine solo quelle d’oro? Insomma lo sport italiano, dopo il disastro del calcio agli Europei, come se la cava?

Invece questo tema, tranne un po’ di liturgia su biografie e amori e paesi natali dei nostri eroi di giornata, è ormai secondario nella narrazione-mainstream di queste Olimpiadi che sembrano sempre di più un supplemento velenoso della già rovente campagna elettorale francese appena conclusa. Il centro-destra italiano, in primis Salvini, non perde occasione per bacchettare la finta grandeur di Macron, dalla Senna inquinata all’Ultima cena in versione drag queen.

E Giorgia Meloni, appena arrivata a Casa Italia direttamente dalla Cina, da una visita molto impegnativa sul piano politico ed economico, occupa i media per le dichiarazioni su Angela Carina, la nostra pugile che lascia il set dopo 46 secondi e soprattutto dopo un pugno ben assestato dalla rivale algerina Imane Khelif, donna a tutti gli effetti per il Comitato olimpico internazionale ma con una over produzione di testosterone che la fanno “menare” come un uomo.

Ha fatto bene, dice la premier, non doveva stare lì a farsi massacrare in un match senza parità di genere, semplicemente perché il rivale non è di fatto una donna. Sono andato un po’ per le spicce, ma il tema ha ben travalicato i confini nazionali e ha coinvolto politici, sportivi, sociologi e sessuologi di tutto il mondo. In stato di confusione non si sapeva più stamane di che genere era Olimpia, ma la sua natura divina ci ha fatto superare le nostre vecchie categorie umane, via trans che è una bufala, ma via anche il più suggestivo intersex, stato fluido oltre il maschile e femminile.

A proposito di Olimpia, mentre rischiano di rompersi i rapporti diplomatici tra Italia e Algeria, paese non tra i primi al mondo per il riconoscimento delle diversità sessuali, che fine ha fatto, al di là della nostra provocazione, il suo spirito inclusivo? Lo sport come volano per superare conflitti e differenze è diventato strumento di polemiche quotidiane, locali, globali, simboliche.

Non so quante medaglie porteremo a casa, ma un po’ tutti, non solo noi italiani, abbiamo perso per le strade di Parigi la famosa aureola. Baudelaire perse quella del poeta agli albori della metropoli moderna, noi abbiamo perso quella della sogno della pace universale agli albori di un secolo che rischia di essere soprattutto quello delle divisioni e delle guerre.   

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Claudio Brachino

Giornalista, saggista ed editorialista italiano. Laureato in Lettere, passione per il teatro, ha scritto con De Filippo e Michalkov. Poi 32 anni in Fininvest e Mediaset, dove è stato vicedirettore ed anchor di Studio aperto , 2 volte direttore di Videonews, la fabbrica dei format, direttore di Sport Mediaset e di Radio Montecarlo news. Inoltre, ha diretto per due anni il Settimanale, magazine cartaceo e web sulle Pmi, ha scritto per il Tempo e il Giornale, ora è editorialista del Multimediale di Italpress, opinionista tv per Rai e La7 e direttore editoriale di Good Morning Italy. Da poco ha firmato una collaborazione per lo sport del circuito Netweek.

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