Quando nella primavera del 2021 l’allora Governatore dello Stato di New York Andrew Cuomo firmò il Marihuana Regulation and Taxation Act, legalizzando a tutti gli effetti la marijuana nello Stato, l’ottimismo dei consumatori era oggettivamente altissimo. Ad oggi, quasi tre anni dopo quella firma, poche cose però sono davvero cambiate. Nonostante l’erba sia legale, negli ultimi tre mesi a New York sono stati aperti solo tre nuovi dispensari – un dispensario è un negozio dedicato esclusivamente alla vendita dei prodotti correlati alla marijuana, dalle inflorescenze al cibo a base di cannabis -, ed in tutto lo Stato se ne contano solo 99. Il rapporto è di circa un dispensario ogni sei milioni di persone. Nella città di New York il numero è ancora più impietoso: solo quattro dispensari aperti.
Per fare un paragone, in Oklahoma vi sono circa 2.600 dispensari che servono una popolazione di 4 milioni di persone. Un equivalente di circa un dispensario ogni 1700 abitanti. Allo stesso tempo, in Missouri, le vendite di cannabis hanno generato oltre 100 milioni di dollari di ricavi solo nel primo mese di legalizzazione, in uno Stato con una popolazione molto simile a quella dello Stato di New York. Questo scenario apre delle domande: in un mercato nel quale la cannabis gode di una certa popolarità, come testimoniato dalla moltitudine di negozi di cannabis clandestini sparsi per i suoi quartieri, quali potrebbero essere i numeri delle vendite a New York? E, soprattutto, perché si fatica tanto ad avvicinarsi ai numeri degli altri Stati?
La spiegazione più semplice e diretta è che il processo per ottenere una licenza dall’Ufficio della Gestione della Cannabis è molto complicato e pieno di sfide legali e burocratiche. Per fare un esempio, a novembre 2022 un giudice federale ha rilasciato un decreto impedendo l’apertura di dispensari in molte aree dello Stato, tra cui Brooklyn, i Finger Lakes e buona parte ad ovest di New York. Questo divieto è stato rimosso solo dopo qualche mese, consentendo poi l’apertura di alcuni dispensari a Brooklyn ed in altre zone. Tuttavia, la revoca non ha risolto tutto e, ad esempio, nei Finger Lakes rimane vietata l’apertura.
Oltre ai problemi legali, dicevamo, bisogna anche affrontare la burocrazia: il processo è complesso, l’Ufficio della Gestione della Cannabis non ha chiarito tutti i punti e le normative, e la fase di aggiornamento di queste ultime è lunga e tortuosa: la priorità statale è quella di accogliere “equamente” le richieste. Questo significa che, in base alla legge, possono essere rilasciate licenze per l’apertura di dispensari solo in “lotti” divisi per provenienza etnica o appartenenza a delle minoranze, pertanto l’attesa viene dilatata per permettere un raggiungimento dell’equità nelle domande che vengono presentate. Ma ciò, chiaramente, non aiuta il proliferare dell’industria. Basti pensare che il primo dispensario a New York si è aperto soltanto nel dicembre del 2022, quasi a due anni dalla legalizzazione della marijuana ricreativa. E tutta questa incertezza, chiaramente, ha generato ulteriori problemi, creando un vero e proprio mercato grigio soprattutto nella città di New York.
Infatti, si stimano almeno 1.000 negozi che operano su New York come regolari negozi per fumatori ma che, sottobanco, vendono prodotti a base di cannabis e CBD. Il sindaco Eric Adams ha tentato una massiccia repressione che, però, non sembra aver completamente sradicato il problema. Un modo più veloce, probabilmente, sarebbe potuto essere quello di accelerare il processo di apertura di dispensari legali, dando così ai clienti più opzioni di acquisto ed indirizzandoli verso rivenditori certificati e di fiducia, togliendo così mercato a chi, invece, decide di operare clandestinamente. Ma così non è stato.
Nell’ultimo periodo paiono, comunque, essere state approvate almeno un altro centinaio di licenze, ma i tempi per l’apertura effettiva di altrettanti dispensari è comunque dilatato ed incerto, ed i numeri rimangono comunque molto più bassi rispetto ad altre città ed altri Stati. Quella della cannabis permane quindi come una sfida legale, burocratica, economica e finanche geografica, nel momento in cui la città più popolosa d’America non riesce ad eguagliare il mercato di realtà molto più piccole e meno blasonate. Per il momento, però, la mancanza di un’industria vera e propria di cannabis ricreativa significa che molti acquirenti continueranno a rivolgersi a negozi non autorizzati, con perdite economiche per la città nell’ordine delle centinaia di milioni di dollari.