Dopo 96 anni di storia, l’aeroporto internazionale di Newark Liberty, spesso descritto come uno dei nodi di trasporto meno attraenti degli Stati Uniti, è pronto per una radicale trasformazione. Giovedì scorso, i funzionari dell’Autorità Portuale di New York e del New Jersey hanno svelato un “piano visionario” che promette di catapultare il più grande aeroporto del New Jersey “dal peggiore al migliore”, quasi come se si stesse parlando di una sfida impossibile, ma necessaria.
Il piano prevede la sostituzione del vetusto Terminal B, che da anni fa affidamento su servizi igienici portatili, e la modernizzazione dell’AirTrain, il sistema che collega i terminal a parcheggi e treni pendolari. Purtroppo, i dettagli restano vaghi: i funzionari non hanno fornito informazioni su costi certi e tempistiche. La costruzione del nuovo terminal dovrà essere completata prima che il vecchio possa essere demolito, secondo Rick Cotton, direttore esecutivo dell’Autorità Portuale.
L’ambizione di trasformare Newark Liberty in un aeroporto di “classe mondiale” è lodevole, ma fa venire in mente il dubbio che si tratti di un desiderio più che di un piano reale. Jacquelene McCarthy, la direttrice della riqualificazione aeronautica, ha parlato della necessità di rendere l’aeroporto più accessibile e meno labirintico, mentre i viaggiatori hanno espresso scetticismo riguardo alla possibilità che Newark possa mai eguagliare la facilità d’uso di aeroporti internazionali come quelli di Bangkok o Doha.
Il progetto di ristrutturazione, un imponente investimento da 19 miliardi di dollari, si colloca in un contesto di rinnovamento degli aeroporti della regione. Ma mentre l’Autorità Portuale è già impegnata in lavori monumentali a Kennedy e La Guardia, la senatrice M. Teresa Ruiz ha giustamente richiesto che l’attenzione non venga distolta da Newark, che merita una fetta significativa di questa torta di opportunità.
