Uno dei tratti salienti della modernità è quello della secolarizzazione, un termine che ha spesso cambiato il proprio significato nel tempo: nel XVII secolo serviva ad indicare il passaggio di beni e territori dalla Chiesa alle istituzioni civili; poi è stato utilizzato per indicare il ritorno alla vita laica da parte dei membri del clero. Oggi viene utilizzato per lo più per indicare la tendenza della società ad allontanarsi dalla religione, abbandonando usi, costumi e schemi tradizionali.
Con l’aumento del tasso di secolarizzazione nelle società occidentali – che, per alcuni, è sintomo di progresso ed emancipazione, per altri una degenerazione di stampo nichilista – una cosa è certa: le chiese, intese come strutture fisiche, un tempo fulcro della vita cittadina o di quartiere, perdono sempre più avventori e importanza come luoghi di incontro. Si tratta di una tendenza evidente e riscontrabile nei dati: in America il numero di chiese abbandonate è in netto aumento e gli esperti stimano che fino a 100.00 chiese protestanti chiuderanno entro il 2030 tra America e Canada.
È un declino che dura da decenni, accentuato dopo la pandemia da Covid: alla fine degli anni ’40 il 76% degli americani dichiarava di appartenere ad un’organizzazione religiosa facente capo ad una struttura sul territorio (una chiesa, una moschea o una sinagoga); Nel 2020 quella cifra è scesa al 47%.
Come conseguenza di ciò, c’è chi sta ripensando il ruolo delle strutture religiose: con le loro vetrate colorate ed i soffitti a volta, questi edifici stanno attraendo sempre più imprenditori interessati a dargli nuova vita come attività commerciali, sebbene le ristrutturazioni possano essere parecchio esose, arrivando anche nell’ordine dei milioni di dollari: è il caso, ad esempio, della Good Shepard Lutheran Church a Des Plaines, Illinois, che ha richiesto 18 mesi di lavori per un costo totale di 6 milioni di dollari. Oggi è un ristorante che offre paella e shawarma di manzo.
La ristrutturazione, comunque, non è l’unico problema: spesso bisogna cambiare la zonizzazione del lotto su cui nasce l’edificio, che ovviamente non comprende le attività commerciali, includendo trafile burocratiche che spesso possono richiede mesi. In più, ci sono anche varie approvazioni statali o federali da ottenere, soprattutto quando si vuole cambiare l’aspetto della struttura, che può presentare un vincolo architettonico legato alla sua storia.
Un esempio di ciò è stata la chiesa episcopale della Holy Communion a New York che, già nel 1983, venne trasformata in una discoteca, ospitando successivamente un centro commerciale, una palestra ed un mercato. O anche una chiesa a St. Louis, diventata uno skatepark indoor. A prescindere da ciò, le ristrutturazioni di questi edifici non sono semplici: spesso si tratta di spazi difficilmente riorganizzabili, senza contare che alcune chiese molto antiche non rispettano i codici edilizi attuali, e vanno completamente ripensate. E poi ci sono gli impianti di riscaldamento e quelli elettrici ed idraulici che vanno rimessi a nuovo.
Ma, al netto di questi interventi essenziali, spesso la ristrutturazione mira a mantenere intatta l’architettura originale: è il caso dell’Hotel Peter and Paul di New Orleans, ricavato da un ex convento che comprendeva un rettorato ed una scuola; l’hotel ha mantenuto le vetrate, le lampade e gli altari laterali originali, ed oggi il santuario è usato anche per eventi aziendali e matrimoni.