L’amministrazione Biden ha annunciato un’iniziativa per vietare l’uso di software sviluppati in Cina nelle auto connesse a internet, dichiarando che la mossa è necessaria per motivi di sicurezza nazionale. La decisione, motivata da ragioni di sicurezza nazionale, entrerà in vigore dal 2027 e riguarderà tutti i veicoli su strada, incluse automobili, camion e autobus.
L’obiettivo principale è evitare che la Cina possa utilizzare questi sistemi per monitorare i movimenti degli americani o infiltrarsi nelle infrastrutture critiche del Paese. Il consigliere per la sicurezza nazionale, Jake Sullivan, ha parlato di “nuove vulnerabilità e minacce”, citando il progetto “Volt Typhoon” — un’iniziativa cinese per infiltrarsi nei sistemi energetici e idrici degli Stati Uniti. Gli Stati Uniti temono che, in caso di conflitto, la Cina possa utilizzare questi sistemi per attacchi cyber, con conseguenze che potrebbero colpire la rete elettrica o le basi militari americane.
Biden ha già imposto dazi del 100% sui veicoli elettrici cinesi, definendoli troppo sovvenzionati dal governo di Pechino. La strategia dell’amministrazione, dunque, non si limita a prendere provvedimenti contro ciò che è presente sul mercato, ma anticipa i futuri pericoli. Le auto connesse non sono solo mezzi di trasporto: sono ormai giganteschi smartphone su ruote, che raccolgono dati sensibili, si connettono alle infrastrutture critiche e potrebbero diventare armi nelle mani sbagliate. Gina Raimondo, segretaria del Commercio, ha sottolineato come le auto cinesi o russe potrebbero trasformarsi in strumenti di sorveglianza o sabotaggio. Non si tratta solo di politica economica, ha insistito, ma di pura sicurezza nazionale.
D’altro canto, c’è chi ritiene che questa guerra tecnologica, come tutte le guerre, abbia delle vittime collaterali. Gli esperti di sicurezza nazionale sono preoccupati, sì, ma c’è chi, come Richard Fontaine del Center for a New American Security, avverte che il “piccolo cortile” di tecnologie strategiche su cui gli Stati Uniti stanno erigendo una barriera sta diventando sempre più grande. Mentre la Cina diventa il gigante delle auto elettriche e domina la produzione di batterie, gli Stati Uniti rischiano di rimanere indietro. Scegliere di isolarsi dal mercato cinese può sembrare prudente, ma è anche un rischio.
La questione, infatti, non è solo geopolitica, ma anche industriale. Le case automobilistiche statunitensi supportano, per lo più, il divieto, ma sono ben consapevoli delle difficoltà logistiche. John Bozzella, presidente dell’Alleanza per l’Innovazione Automobilistica, ha sottolineato che sostituire in tempi brevi i fornitori cinesi non è un’impresa da poco. La complessità della catena di approvvigionamento mondiale non si può semplicemente “spegnere e riaccendere”. Trovare nuove fonti di approvvigionamento per componenti tecnologici come il lidar — essenziale per i sistemi di guida autonoma — potrebbe richiedere anni.
Eppure, l’America va avanti, e l’effetto domino non si farà attendere. Non solo auto: droni, dispositivi connessi, forse persino apparecchi per l’agricoltura e la sanità, tutto potrebbe finire sotto la lente del governo. Come ha detto Peter Harrell, ex membro del Consiglio di Sicurezza Nazionale, ciò che oggi è solo un divieto per l’industria automobilistica potrebbe espandersi rapidamente ad altri settori. La battaglia per la supremazia tecnologica è appena iniziata e, a quanto pare, non ci sarà via di fuga per nessuno. Resta da capire come risponderà la Cina. Forse con la stessa determinazione.