Non c’erano lingotti d’oro né refurtiva cinematografica nelle undici scatole sequestrate qualche tempo fa all’aeroporto JFK di New York. Dentro c’erano coralli, circa duecento esemplari marini spediti — con ogni probabilità — dall’Indonesia. La loro destinazione finale non è del tutto chiara, ma si ipotizza che fossero destinati alla vendita nei circuiti commerciali, forse per arricchire gli acquari privati di qualche appassionato. Quando il carico è stato intercettato dalla Fish and Wildlife Service, l’agenzia federale statunitense che si occupa della tutela della fauna selvatica, le condizioni di conservazione non erano ideali: i coralli erano stipati in sacchetti di plastica, immersi in acqua ormai torbida, dopo quasi una settimana di fermo.
In casi come questo, le autorità si rivolgono ad enti specializzati per gestire il recupero e la sopravvivenza degli animali confiscati. È così che il New York Aquarium, che fa capo alla Wildlife Conservation Society, è stato coinvolto nell’operazione. Aaron Brett, biologo esperto in coralli, ha raccontato al New York Times di aver ricevuto la chiamata mentre era in pausa, impegnato in lavori in casa. Senza esitazioni, si è messo in viaggio verso il laboratorio dell’acquario, dove insieme alla collega Camilla Piechocki ha avviato le delicate operazioni di riacclimatazione. Alcuni esemplari, ha detto, erano talmente piccoli da sembrare frammenti di pietra colorata.
Il commercio di coralli è un fenomeno spesso trascurato, ma in forte crescita. Secondo stime di Moody’s Analytics, il traffico illegale di animali — nel quale rientrano anche gli invertebrati marini — muove ogni anno tra i 7 e i 23 miliardi di dollari a livello globale. Il mercato statunitense è tra i più attivi, in particolare per quanto riguarda i coralli duri provenienti dal Sud-est asiatico. Le autorità americane hanno avviato in passato operazioni sotto copertura per individuare i canali di contrabbando, soprattutto in California, dove la domanda è particolarmente alta tra gli appassionati di acquari ornamentali.
Non tutti sanno che i coralli sono animali, non piante. Sono invertebrati coloniali che vivono aggregati e, nel tempo, costruiscono le barriere coralline — ecosistemi fondamentali per l’equilibrio degli oceani. Si stima che circa un quarto della biodiversità marina dipenda direttamente dalla salute delle barriere coralline. Per questo motivo sono protetti da convenzioni internazionali, come la CITES (Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione), e da leggi federali statunitensi come l’Endangered Species Act. La raccolta illegale — spesso eseguita con scalpelli e martelli da sommozzatori che agiscono all’alba — contribuisce alla loro rarefazione e al danneggiamento irreversibile degli habitat.
Tuttavia, non tutti i coralli nel commercio internazionale provengono da prelievi abusivi. Esiste una filiera lecita basata sulla maricoltura: una pratica che prevede la coltivazione controllata dei coralli in vivai marini, per poi reimpiantarli su barriere in difficoltà o destinarli alla vendita. Secondo Brett, gli esemplari arrivati al New York Aquarium sembravano provenire da una di queste coltivazioni, ma le modalità di trasporto e l’assenza di documentazione adeguata hanno portato al sequestro. L’azienda importatrice, dopo la confisca, ha rinunciato ufficialmente al carico.
Circa trenta esemplari non sono sopravvissuti al trasporto. I restanti sono ora ospitati nelle vasche dietro le quinte dell’acquario di Coney Island, dove stanno lentamente recuperando. Alcuni hanno già iniziato a mostrare segni di crescita, un dettaglio che fa ben sperare gli operatori.