Le sfere di Arnaldo Pomodoro e il mondo intorno

Un artista che ha saputo portare la scultura fuori dai musei, rendendola parte dello spazio pubblico in tutto il mondo, da Milano a New York, senza mai smettere di cercare un equilibrio tra forma, ingranaggi e memoria

Era difficile passare accanto a una delle sue sculture senza fermarsi. Arnaldo Pomodoro, morto il 22 giugno all’età di 99 anni, ha lasciato un’eredità che supera il concetto di scultura pubblica, entrando in modo permanente nei paesaggi urbani e nelle abitudini visive di chi li abita. Le sue forme geometriche, spesso sferiche e solo in apparenza perfette, sono disseminate in spazi pubblici e istituzionali in diverse parti del mondo. A Milano, la sua città d’adozione, una delle sue sfere troneggia davanti alla sede della RAI. Ma è forse proprio la presenza regolare e silenziosa delle sue opere in contesti così diversi — da Brisbane a Dublino, da Los Angeles ai Musei Vaticani — che racconta meglio la diffusione del suo linguaggio.

La scultura Disco di Armando Pomodoro installata in Corso Matteotti, Milano

Pomodoro non ha mai aderito a una corrente precisa, ma ha attraversato il Novecento mantenendo una coerenza linguistica tutta sua: un’idea di scultura che andasse oltre l’ornamento e diventasse segno, struttura, a volte anche ferita. Le sue celebri “sfere con sfera” sembrano esplorare una tensione costante tra superficie e nucleo, come se volessero rendere visibile l’interno delle cose. È anche per questo che le sue opere si prestano a essere collocate all’aperto, nei luoghi del passaggio e dell’incontro.

La sua presenza all’estero fu precoce. Già negli anni Sessanta, mentre l’arte italiana oscillava tra l’informale e l’arte povera, Pomodoro otteneva incarichi e riconoscimenti negli Stati Uniti, entrando in collezioni universitarie e museali che in quegli anni guardavano con grande interesse agli artisti europei capaci di fondere tecnologia e materia. L’opera conservata al Department of Water and Power di Los Angeles, in questo senso, è emblematica: una scultura inserita nel cuore di una struttura pubblica che incarna un’idea quasi ingegneristica della forma.

Nel 1991, in piena transizione post-sovietica, il governo italiano decise di donare alla Russia il “Disco Solare” di Pomodoro, collocato davanti al Palazzo della Gioventù a Mosca. Un gesto artistico e un atto diplomatico allo stesso tempo: un ponte culturale in un momento di grande incertezza politica. La scultura, per la sua forma circolare e la superficie che riflette la luce in modo cangiante, evocava un’idea di energia e rinascita.

Il rapporto con le istituzioni è stato un tratto costante della sua carriera. A Darmstadt, in Germania, l’opera “Papyrus” fu installata nel 1992 nei giardini del nuovo Palazzo delle Poste e Telecomunicazioni, un progetto architettonico che mirava a coniugare efficienza e apertura estetica. Pomodoro, con quella scultura monumentale, contribuì a dare forma a uno spazio che voleva essere simbolicamente europeo, all’indomani della riunificazione tedesca e nel pieno dell’allargamento dell’Unione Europea.

Nel 1995, il Comune di Rimini gli affidò una delle commissioni più delicate: una scultura in memoria di Federico Fellini, il regista più visionario del cinema italiano. Pomodoro accettò l’incarico con discrezione, cercando non di imitare l’immaginario del regista, ma di evocarne l’energia attraverso la forma. Ne risultò un’opera essenziale e solenne, collocata a pochi passi dal mare, quasi a fare da contrappunto alla leggerezza del lungomare.

Nel 1996, un’altra delle sue “Sfera con sfera” fu collocata davanti al Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite a New York, un luogo in cui ogni elemento architettonico è pensato per rappresentare un equilibrio tra potere e diplomazia. La sfera di Pomodoro, con i suoi ingranaggi interni visibili, sembrava suggerire che anche la pace è un meccanismo fragile, che ha bisogno di essere continuamente regolato e compreso.

Sfera con Sfera, la scultura di Arnaldo Pomodoro installata davanti
al Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite a New York

Due anni più tardi, nel 1998, ricevette l’incarico di realizzare il nuovo portale del Duomo di Cefalù, un edificio normanno ricchissimo di storia e stratificazioni culturali. La sfida era significativa: inserire un’opera contemporanea in un contesto carico di significati religiosi e artistici. Pomodoro scelse di non forzare il contrasto, ma di dialogare con l’impianto esistente, realizzando un portale che fosse solenne e sobrio, ma riconoscibile nel suo lessico.

Nonostante la fama internazionale, Pomodoro mantenne un forte legame con l’Italia e con il pubblico non specialistico. Le sue opere, spesso collocate in spazi accessibili e non musealizzati, sono state per molti l’unico contatto diretto con l’arte contemporanea. Non erano barriere, ma inviti: superfici da toccare, strutture con cui interagire, a volte persino da attraversare.

La sua fondazione, a Milano, è oggi uno degli archivi privati più completi dedicati a un singolo artista italiano del secondo Novecento. Oltre a custodire documenti e modelli, è diventata nel tempo un luogo di studio e di produzione, coerente con l’idea che l’arte debba generare domande e non solo risposte.

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