New York accoglie Shakespea Re di Napoli con un evento speciale alla Casa Zerilli-Marimò della NYU, segnando il debutto americano di un’opera che mescola teatro e cinema con straordinaria maestria. La serata è stata impreziosita dalla presenza di Jacopo Rampini, che nel film interpreta William Shakespeare. Rampini, perfetto nel ruolo di un Bardo enigmatico e magnetico, ha dimostrato ancora una volta la sua capacità di dare profondità e sfumature a personaggi complessi.
Diretto da Ruggero Cappuccio e Nadia Baldi, Shakespea Re di Napoli è una trasposizione cinematografica dell’omonima opera teatrale, una storia che vive tra sogno e realtà, tra la Napoli barocca e il mondo visionario di Shakespeare. Il film è un trionfo di contaminazioni: il dialetto napoletano si intreccia con l’inglese dei sonetti, il folklore si fonde con l’aulico, creando un’esperienza cinematografica unica. Al centro di tutto, la figura di Shakespeare, portata sullo schermo con una delicatezza che lascia il segno.
Jacopo Rampini dà vita a un Bardo diverso dal solito, un Maestro che ricerca l’ispirazione nelle strade di Napoli e la trova nella bellezza pura di Desiderio, un giovane artista di strada interpretato con intensità da Alessandro Preziosi e Emanuele Zappariello. Rampini riesce a trasmettere tutta la vulnerabilità di un artista che si lascia travolgere dal genio e dall’ossessione, regalando una performance carismatica e al tempo stesso intima. Il pubblico della Casa Zerilli-Marimò ha avuto modo di apprezzare non solo il film, ma anche il racconto dell’attore, intervistato dal Direttore Stefano Albertini, che ha svelato dettagli e retroscena di questa esperienza artistica.
Il film, ambientato in una Napoli barocca ricca di colori e contrasti, racconta la storia di Desiderio, un giovane efebo rapito dal Bardo e trasformato in musa, attore e amante. Cappuccio e Baldi giocano con il confine tra realtà e fantasia, creando una narrazione che lascia spazio all’immaginazione dello spettatore. È davvero successo tutto ciò che racconta Desiderio? Oppure siamo anche noi, come il suo mentore Zoroastro, vittime di un racconto talmente affascinante da sembrare vero?
Tra costumi sontuosi, location suggestive, una fotografia pittorica e una regia che alterna poesia e ironia, Shakespea Re di Napoli è un viaggio nell’arte e nell’animo umano e un riconoscimento profondo della cultura napoletana come radice universale.
Nel XVII secolo, Napoli era una delle grandi capitali culturali europee, una città vivace e multiforme, in cui il barocco fioriva non solo nell’architettura e nell’arte, ma anche nella musica e nel teatro. Pur affondando le sue radici nell’eredità lasciata dalla Napoli aragonese del XV secolo, che aveva portato un rinascimento culturale con figure come Lorenzo Valla, Antonio Beccadelli e Jacopo Sannazaro, la città del Seicento si distingue per la sua capacità di combinare influenze classiche con un’anima profondamente teatrale e popolare.
Il teatro napoletano dell’epoca rifletteva questa identità unica, attingendo dagli archetipi universali della tragedia greca e trasformandoli in una narrazione vibrante, carica di ironia e contrasti. Temi come il destino, la colpa, la redenzione e la trasformazione del protagonista riecheggiano non solo nel teatro napoletano ma anche nella poetica di Shakespea Re di Napoli. Il film coglie con maestria questa eredità, intrecciando il viaggio dell’eroe di Desiderio con figure simboliche che richiamano il mentore, il messaggero e il guardiano della soglia.
Napoli, al centro di questo racconto, non è solo un luogo ma un personaggio pulsante, dove sacro e profano, alto e basso, convivono in una danza perpetua. Come nel teatro napoletano del XVII secolo, la città si fa teatro essa stessa: scenario di bellezza e di contraddizioni, in cui il genio di Shakespeare incontra l’anima popolare di una Napoli capace di reinterpretare e rinnovare i grandi archetipi della narrativa universale.
Con Shakespea Re di Napoli, Ruggero Cappuccio e Nadia Baldi riescono a rendere omaggio non solo alla forza del mito, ma anche a una città che, dal barocco al contemporaneo, non ha mai smesso di essere un crocevia culturale e un laboratorio creativo di portata universale.