Giù le mani dalla Segre

Oggi parliamo di un paradosso, di un un’inversione culturale e simbolica che è specchio del nostro Paese oggi e, secondo noi, di un po’ tutte le democrazie occidentali. È un effetto collaterale di questa nuova crisi mediorientale che si è aperta con gli attentati del 7 ottobre 2023 in Israele e va avanti senza sosta da allora con la durissima reazione militare di Israele, prima contro Hamas a sud a Gaza, ora contro Hezbollah a nord, fin dentro il territorio libanese.

Da circa un anno le nostre piazze sono piene di giovani palestinesi fiancheggiati dagli antagonisti, dagli anarchici e da molti studenti italiani. Li chiamano cortei Pro-Gaza. Nell’ultimo, a Milano sabato scorso, oltre a prendersela come sempre unilateralmente con Israele, hanno attaccato il ministro della difesa Crosetto e un monumento vivente della tragedia dell’Olocausto, la senatrice Liliana Segre. Entrambi definiti “agenti sionisti“. Silenzio assordante, e preoccupante, della sinistra. Se per Crosetto lo possiamo in parte capire, è un nemico del governo di quella post-fascista della Meloni (secondo la loro semplificazione), per la Segre diventa più difficile. È una donna che da sola, con la sua storia di sopravvissuta agli orrori dei lager, rappresenta una sorta di Pantheon in vita della memoria, della denuncia perenne dell‘orrore.

Chi in passato ha lambito o voluto ridiscutere questo simbolo è stato linciato quasi a priori. Ora scompaiono su Instagram i post a sua difesa, fatto che ha fatto arrabbiare anche Enrico Mentana. Insomma, che succede? Nell’odio verso Israele contemporaneo, ri-legittimiamo l’antisemitismo? La Segre ha risposto con ironia, dicendo di non sapere di essere, a 94 anni, un’agente sionista. Ma c’è poco da fare ironia su un buon pezzo della cultura politica italiana, ben rappresentata dal mainstream mediatico figo, che in politica estera e in geopolitica non c’azzecca più niente.

Tralasciamo per pietà la convulsione e le differenze di posizioni sulla guerra Ucraina – Russia, ma sul Medio Oriente la lettura sta producendo effetti appunto paradossali. Per le manifestazioni di segno contrario nell’anniversario del 7 ottobre è massima allerta delle nostre forze dell’ordine e massima vigilanza ci sarà su tutti gli obiettivi sensibili ebraici sul nostri territori. E questo perché è stato ucciso un signore sanguinario che non ha esitato ad ammazzare, nei suoi attentati, occidentali innocenti? E che dire, cari amici di sinistra, del mondo musulmano sunnita in festa per il blitz dell’altro giorno che ha portato all’eliminazione di Nasrallah? Sapete che forse le informazioni decisive all’intelligence di Tel Aviv le hanno date i servizi segreti iraniani, segno che anche a a Teheran si pensa a un cambio di regime?

Il mondo è sempre più complesso e le nostre povere ideologie manichee italiane sono ormai storicamente arteriosclerotiche. E ora fanno la brutta figura di appoggiare chi si mangia i loro stessi simboli.

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Claudio Brachino

Claudio Brachino è laureato in Lettere e filosofia presso la Sapienza - Università di Roma. È noto per la sua poliedrica carriera come autore, giornalista e direttore editoriale. Ha scritto opere teatrali e saggi, tra cui "La macchina da presa teatrale". Nel 1987, ha intrapreso la sua carriera giornalistica con il gruppo Fininvest, contribuendo al successo di programmi televisivi come "Verissimo" su Canale 5. Ha ricoperto ruoli chiave all'interno di Mediaset, dirigendo programmi di punta come "Studio Aperto" e "Mattino Cinque", oltre a essere stato direttore di Videonews. Attualmente è Direttore Editoriale di "Good Morning Italy, editorialista Italpress e commentatore politico Rai e La7.

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