Guerra Fredda 2.0

La maggior parte della popolazione non è molto intelligente, teme le responsabilità e non desidera niente di meglio che sentirsi dire cosa fare. A patto che i governanti non interferiscano con i loro comfort materiali e le credenze a loro care, è perfettamente felice di lasciarsi governare.

Aldous Huxley, Il Mondo Nuovo, 1932

Oggi dovremmo cambiare l’ultima parola della frase di Huxley: non più “governare” ma “modificare”. Un secolo fa comunque José Ortega y Gasset già vedeva come la tecnologia avesse trasformato le opinioni personali, basate sul confronto tra idee diverse, in opinioni collettive precotte.

Viviamo in un mondo in cui l’Intelligenza artificiale viene impallinata dall’intelligenza artificiosa. Di conseguenza si dovrebbe valutare il peso dei media nel drammatizzare gli eventi. A sentire il papato attuale o la coppia divergente Schlein-Conte, siamo nella Terza Guerra mondiale “a pezzi”. Posto che  sia vero, perché mai la soluzione proposta è la stessa di Chamberlain di fronte a Hitler?

Sarebbe più corretto parlare di una Seconda Guerra Fredda. Purtroppo questa opinione, espressa da Carlo Galli due anni fa, è stata poco ripresa, forse perché gli individui-massa, degradati da attori a spettatori, preferiscono i Tg e talk show horror – come profetizzò Billy Wilder (Prima pagina, 1974), sperando però di vivere nel mondo virtuale dei film Vivarium o Truman show. Vedere il sangue senza vivere reali situazioni belliche, crea distorsioni cognitive ed etiche: si infierisce sull’ebreo trascinato ieri nei lager e oggi nella gogna mediatica, mentre ci si proclama antinazisti. Non si separano più i governi dai popoli, anzi si parla ancora di “amerikani” “russi” “ebrei” (tutti da odiare, e non pensa così soltanto la jihad, ma molti professori e gente comune che vivono nei nostri palazzi).

Dobbiamo quindi rallegrarci (si fa per dire) per un ritorno al passato che comunque scongiurerebbe quanto paventano i pacifisti. La Guerra Fredda cominciò nel 1946, dopo la chiusura dell’Est europeo nel ghiaccio siberiano, su una linea che correva da Stettino a Trieste. Le democrazie utilizzarono il containment economico (il piano Marshall), militare (la NATO), culturale (l’opposizione tra tirannide e democrazia).
Oggi Putin russifica il Donbass e la Crimea trasferendo centinaia di migliaia di impoveriti, come fece Stalin coi tatari di Crimea e in Ucraina. Mentre il Cremlino cerca di restaurare l’impero, i media, la scuola e gli intellettuali non spiegano a giovani e anziani che quello sovietico fu un colonialismo che ridusse intere popolazioni allo stato servile. Le feste della Liberazione ignorano il Muro di Berlino.

Negli anni ’70 le rivolte giovanili europee furono soffocate da partitini marxisti-leninisti o maoisti, e da una Nuova sinistra comunque lontana dalle socialdemocrazie. I marxisti leninisti erano finanziati dall’Albania legata al comunismo cinese o dalla Russia. Gruppi movimentisti vennero supportati dal Psi di Riccardo Lombardi e Bettino Craxi, non solo per il caso Moro. Quando esplose la rivolta di Praga, nel 1968, un aiuto arrivò anche dall’Occidente, nonostante il controllo di militari e agenti sovietici, ma fu inutile.

Anche l’organizzazione delle rivolte pro Gaza fa pensare a una centrale operativa supportata dall’esterno. Del resto Putin influenza la politica Occidentale da tempo, dai finanziamenti ai giovani della Spd tedesca  a Gerhard Schröder, passato in pochi giorni da essere cancelliere alla dirigenza di Gazprom. Per non parlare delle ingerenze russe nelle elezioni negli Usa, Africa, Caucaso e in Europa.

Le Brigate Rosse si esercitarono militarmente in Palestina e Cecoslovacchia. Nel 2004 Limes riportava una dichiarazione del terrorista Carlos lo Sciacallo, secondo il quale era giunta l’ora della riunificazione tra destre e sinistre “rivoluzionarie” e la jihad di Bin Laden. “Colpire uniti” era l’indicazione.
Oggi nei campus americani un manuale di azione contro Israele chiama all’unità di tutti gli studenti. Con la Guerra Fredda 2.0 si allunga il Muro del web: nell’Eurasia Telegram e Tik Tok, mentre Facebook, X etc. operano in Occidente. I social segnano i nuovi confini dei due blocchi geopolitici.

In Ucraina i contendenti non possono continuare a combattere a lungo. Si arriverà a un accordo provvisorio in salsa coreana come nella prima Guerra Fredda, e ci si rinchiuderà nei confini, con un riarmo di deterrenza e nuove guerre periferiche.

Il problema israelo-palestinese resta sulla carta oggi come ieri. Qualcosa però è cambiato: i cittadini che ieri in privato odiavano gli immigrati “neri”, oggi odiano pubblicamente gli “ebrei”, senza distinguere tra popolo e governo. La falsificazione delle parole sfrutta il “relativismo culturale”. La nuova “lingua di pace e amore” -manco fosse il fallito Esperanto- traduce ogni azione di Hamas come  “autodifesa” mentre quello di Israele è “genocidio”. La propaganda prostituisce la pace in una maniera che più bellica non si può. Le neolingue che arrivano anche da Mosca tradiscono la realtà. Non tutti ne sono consapevoli.

No money for war
Per una Guerra calda servono mezzi che l’Europa non ha. Alessandro Politi ricorda che anche Putin non ha uomini e mezzi per altre guerre “calde”, e per questo torna alla deterrenza atomica. D’altro lato quasi tutte le nazioni europee non sono in grado di combattere. Lo stesso Regno Unito, che con la Francia è la potenza vincitrice che ha mantenuto il ruolo di poliziotto armato all’interno dell’Europa dal 1945, ha un esercito che -come ricorda Politi- può essere contenuto tutto intero nello stadio di Wembley.

In sintesi:
a) In Ucraina siamo di fronte a una guerra “Calda”, ma questo è già avvenuto in Bosnia e Kosovo, conflitti risolti alla fine dagli Usa;
b) una rivolta giovanile musulmana in Occidente può diventare più estesa di quella dei Musulmani Neri di Malcom X, dato che il collante anti israeliano è l’unico a tenere insieme sciiti e sunniti (e sinistra e destra estreme);
c) anche le “primavere arabe” furono eterodirette, in particolare dalla Francia, che poi fece saltare la Libia di Gheddafi;
d) Le elezioni negli Usa e in Europa sono causa del Pro Gaza movement e di molta comunicazione politica attuale, inclusa quella putiniana sulle esercitazioni con armi nucleari tattiche?

La Guerra Fredda II è nei fatti come il divorzio tra Biden e Trump. Aree di influenza nascono in tutto il mondo, dopo l’11 settembre 2001. Di fronte abbiamo di nuovo Russia e Cina, ancora unite benché divergenti.

Gli Stati Uniti dovranno uscire dalla crisi grillina attuale. Lo dovrà fare anche Trump, se sarà il prossimo presidente. Sfanculare è più facile di dare soluzioni, ma alla lunga non paga.

L’Europa di Ortega y Gasset
La ribellione delle masse, scritto nel 1929, è un trattato illuminante. Cito un paragrafo:
“Il realismo storico mi ha insegnato a vedere che l’unità dell’Europa non è un ideale ma un fatto. […] Il processo può essere un’occasione qualsiasi: per esempio, il codino di un cinese che spunta dagli Urali oppure uno scossone del gran magma islamico”. Parole scritte molto prima del Manifesto di Ventotene.

Picture of Paolo Della Sala

Paolo Della Sala

Paolo Della Sala è uno scrittore e musicista che trova ispirazione nella musica mentre lavora ai suoi articoli e racconti. Ha collaborato con Gianni Celati e ha ricevuto influenze da figure come Paolo Fabbri, Carlo e Natalia Ginzburg e Umberto Eco. Attualmente, scrive per diverse testate, tra cui Il Settimanale, Reputation Review e L’Opinione, concentrandosi su geopolitica e cultura. Ha esperienza anche con Il Secolo XIX, Rai Radio Tre e altre testate. Ha pubblicato "Alice Disambientata" con Gianni Celati e curato l'archivio di Gianni Rodari. Nel cinema e nella TV, ha lavorato come promoter per Portofino Film Commission e come aiuto regista in videomusica e pubblicità, oltre ad essere stato interprete-musicista per La Chambre des Dames.

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