In Italia è uscito al cinema nel 2023, per soli tre giorni come film evento, ora Kill Me If You Can, documentario firmato da Alex Infascelli, debutta su Raitre sabato 27 aprile in seconda serata. Racconta la curiosa e incredibile vicenda del dirottamento più lungo in tutta la storia dell’aviazione: il protagonista è un italiano, e pare abbia ispirato la figura di Rambo al romanziere David Morrell.
È il 31 ottobre del 1969 quando le trasmissioni televisive di tutta l’America vengono interrotte da un annuncio: un uomo armato ha preso il controllo di un jet della TWA in partenza da Los Angeles e diretto a San Francisco, destinazione finale: Roma. Mentre l’America è incollata davanti alla televisione a seguire l’odissea del volo TWA 85, gli agenti dell’FBI scoprono l’identità del dirottatore: si chiama Raffaele Minichiello, è un diciannovenne emigrato negli Usa dall’Irpinia dopo il terremoto del 1962 e un Marine pluridecorato per il valore dimostrato in battaglia.
Nel frattempo anche l’Italia ha iniziato a seguire la gimcana tra i cieli del proprio connazionale, che farà volare l’aereo da San Francisco a New York, poi nel Maine con direzione Il Cairo, in Irlanda e infine a Roma. All’arrivo a Fiumicino Minichiello prova a fuggire con una macchina della polizia ma viene catturato e arrestato. La sua storia però non finisce qui, ed è lui stesso a raccontarcela davanti alle telecamere di Infascelli, che si è ispirato al libro Il marine – Storia di Raffaele Minichiello, scritto dal protagonista col giornalista Pierluigi Vercesi ed edito in Italia da Mondadori (il titolo deriva dalla scritta che Minichiello portava sull’elmetto in Vietnam).
Come scopriremo seguendo una narrazione piena di ritmo che alterna filmati d’epoca alle testimonianze attuali, il giovane Minichiello, appena tornato dalle trincee del Vietnam si era visto rifiutare dal Governo americano un pagamento di 200 dollari, e, infuriato aveva deciso di salire a bordo del volo TWA senza passaporto ma con un fucile spacciato per canna da pesca.
Il dirottamento si concluderà senza spargimenti di sangue, anzi, con un filarino con una hostess, e dopo una breve detenzione nel carcere romano di Regina Coeli, Minichiello diventerà una celebrità da entrambi i lati dell’oceano, finendo per vivere (e raccontarci) ancora un’altra storia, nella quale fanno capolino perfino i Servizi Segreti.
«Nel raccontare Raffaele Minichiello – Mini per gli amici – mi sono trovato di fronte a un enigma» spiegava Infascelli. «Raffaele, nella sua cifra formalmente semplice, non solo è indecifrabile ma è anche portatore inconsapevole di verità che nemmeno lui sembra possedere.Per la prima volta mi sono ritrovato senza un finale scritto, un approdo designato, o forse in questo caso è meglio dire: una pista d’atterraggio sicura. In questo continuo “zoommare”, dentro e fuori dal personaggio, quello che è venuto fuori è il più onesto dei miei lavori, non solo in termini di approccio o empatia con il protagonista, ma dal punto di vista narrativo».