Il giro di vite sugli affitti brevi che prova a frenare il turismo da cartolina “mordi-e-fuggi”

Qui Nuova York, vi parla Davide Ippolito (inizierò sempre così, abituatevi :D). Questa settimana non posso che parlare di quello che sta succedendo a New York e che sta facendo discutere tutto il mondo con impatti che riguardando tutti i paesi e tutte le città del mondo.

Credo sia familiare a tutti quella sensazione di uscire di casa e ogni giorno all’interno del proprio condominio trovare sempre più spesso la serratura accanto dotata di un tastierino elettronico per turisti in transito. È il fenomeno Airbnb, che ha trasformato molti palazzi delle città in alberghi improvvisati, con tutto quello che ne consegue: rumori, sporcizia e, a volte, anche un senso di insicurezza.

A New York, dove tutto è più grande, hanno deciso di dire basta. Dopo anni di tensioni, la città ha introdotto nuove regole che stringono la morsa su questi affitti a breve termine. Ora, chi vuole affittare la propria casa deve dimostrare di viverci veramente e di rispettare una serie di norme. Chi non lo fa dovrà sborsare multe salate, fino a 5.000 dollari.

Se le statistiche sono accurate, più della metà degli 85 milioni di ricavi netti generati nel 2022 da Airbnb con gli affitti a breve termine a New York provenivano da attività illegali. Le autorità cittadine, quindi, non stanno solo reagendo alle pressioni del settore alberghiero, come alcune voci sostengono, ma piuttosto cercano di affrontare un problema complesso che è diventato insostenibile.

Il quadro che emerge da New York è emblematico di una questione più ampia che riguarda molte altre città nel mondo, inclusa l’Italia. La facilità con cui le piattaforme digitali permettono di affittare alloggi a breve termine sta spopolando nei centri storici e creando una sorta di “concorrenza sleale” con il settore alberghiero tradizionale. È quindi positivo che le autorità inizino a prendere provvedimenti per limitare questi effetti negativi.

Chi visita i centri di Roma o di Venezia si rende facilmente conto che gli abitanti stanno diventando una specie in via di estinzione.

Ovviamente, l’intervento delle autorità deve essere ponderato. Mentre è fondamentale proteggere il tessuto residenziale delle città e assicurare una sana concorrenza, è altrettanto importante non soffocare l’innovazione e le nuove opportunità economiche. Ecco perché sarebbe auspicabile un approccio che, pur imponendo limiti, permetta una convivenza pacifica tra diverse forme di ospitalità.

Le misure adottate a New York potrebbero rappresentare un modello per altre città nel mondo. Se gestito correttamente, il nuovo quadro normativo potrebbe dimostrare che è possibile equilibrare le esigenze dei residenti con le opportunità economiche offerte dal turismo, evitando di sacrificare la qualità della vita urbana sull’altare del profitto. In questo delicato equilibrio sta la chiave per un futuro sostenibile delle nostre città. Ecco, quindi, la domanda finale: vogliamo città che siano solo delle belle cartoline animate da turisti, tutte uguali e pensate per un turismo mordi e fuggi, oppure vogliamo luoghi in cui vivere, crescere i nostri figli e invecchiare con dignità? Le nuove regole di New York rappresentano un primo passo per rispondere a questa domanda. E sarebbe saggio per noi tutti prenderne atto. Io starò a vedere se questa cosa avrà un impatto positivo sul mio canone di affitto nei prossimi mesi.

Picture of Davide Ippolito

Davide Ippolito

Davide Ippolito, nato a Napoli, vive a New York. è un esperto di Reputazione, editore e autore per Amazon Prime Video. Fondatore de ilNewyorkese e Reputation Review e Direttore scientifico dell’Italian American Reputation Lab, offre consulenza per organizzazioni come NIAF , Confindustria e Federmanager. È opinionista per La7 sulle tematiche che gravitano attorno alla Reputazione e agli Stati Uniti. Nel 2023 è uscito il libro “Against Stereotypes. The real Reputation of Italian American” e ha pubblicato 4 libri sulla Reputazione e due saggi distribuiti da Mondadori. Ha svolto incarichi di docenza per l’Università di Roma La Sapienza, Emory University di Atlanta e società di formazione manageriale.

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