È morto l’architetto Frank Gehry: riscopriamone la Beekman Tower

Un progettista tra i più influenti degli ultimi decenni, celebre per l’uso di forme complesse e materiali non convenzionali, che ha contribuito a ridefinire il rapporto tra architettura, città e spazio pubblico

Ieri, venerdì 5 dicembre, è scomparso Frank Owen Gehry, tra gli architetti contemporanei più celebrati e importanti al mondo. Aveva 96 anni, ed è spirato nella sua casa di Santa Monica, in California, a seguito di una breve malattia respiratoria.

Gehry era nato a Toronto il 28 febbraio 1929 con il nome di Frank Owen Goldberg, si trasferì negli Stati Uniti, dove costruì una carriera che lo portò a diventare uno degli architetti più influenti e riconoscibili del tardo Novecento e dei primi decenni del XXI secolo.

La sua fama mondiale esplose in particolare con la realizzazione del Guggenheim Museum Bilbao, inaugurato nel 1997. La struttura in titanio, vetro e acciaio segnò una cesura netta rispetto all’architettura tradizionale: con le sue curve dinamiche e le superfici riflettenti, il museo divenne simbolo di un nuovo approccio architettonico, in grado di generare impatto estetico e attrazione, anche turistica.

Il Guggenheim Museum di Bilbao | via Shutterstock

Altri progetti celebri includono la Walt Disney Concert Hall di Los Angeles e, in ambito urbano non museale, edifici come l’IAC Building di New York. In quest’ultimo caso Gehry mostrò la stessa attitudine a scomporre e reinventare i volumi, anche se in scala più ridotta rispetto ai suoi musei.

Tra le sue realizzazioni più iconiche figura anche la torre residenziale nota come 8 Spruce Street – e che molti chiamano ancora Beekman Tower, dalla villa dall’importante famiglia newyorkese che viveva lì prima della costruzione della torre – nel cuore di Manhattan. Commissionata da un grande sviluppatore newyorkese, l’edificio è stato completato nel 2010 e inaugurato nel febbraio 2011.

L’8 Spruce Street è una costruzione di 265 metri d’altezza per un totale di 76 piani. Al momento dell’inaugurazione era il grattacielo residenziale più alto dell’emisfero occidentale. Si tratta di un edificio complesso: ospita quasi 900 appartamenti, ma anche una scuola, un piccolo poliambulatorio, negozi e servizi, il che ne fa una vera e propria torre multifunzionale.

Vista dal basso della Beekman Tower | via Shutterstock

Dal punto di vista estetico, Gehry ha declinato la sua sensibilità abituale in chiave urbana e verticale. Ha conservato proporzioni e alcuni canoni tipici dei grattacieli di New York, ma li ha reinterpretati: le finestre non sono allineate rigorosamente, e la facciata è rivestita con pannelli ondulati in acciaio inox, che creano un effetto simile al drappeggio di un tessuto.

Quella della forma irregolare non è solo una scelta di design: grazie alle onde sulla facciata, infatti, ogni appartamento risulta diverso dall’altro. Gli interni, quindi, non sono standardizzati, ma offrono configurazioni sempre uniche e ampie finestre che incorniciano scorci del panorama urbano, rendendo ogni unità abitativa un piccolo punto di vista esclusivo sulla città.

La base dell’edificio rimane più tradizionale: i primi cinque piani sono costruiti in mattoni, rispettando l’architettura del contesto circostante, in modo da “prenderne le misure” e ancorare la nuova torre al tessuto esistente. Sopra questa base, la torre si alza e afferma la sua identità contemporanea.

La Beekman Tower in una giornata uggiosa che ne risalta le forme | via Shutterstock

Dal punto di vista simbolico, la torre di Lower Manhattan può essere vista come un’eredità di Gehry: un esperimento di adattamento del suo stile “scultoreo e dissonante” a esigenze metropolitane reali – abitare, lavorare, muoversi in un contesto urbano denso – senza rinunciare alla sua idea di architettura come forma artistica. Forse è un “Gehry per tutti”, o meglio un Gehry che prova a dialogare con la quotidianità della città.

Con la sua morte sparisce un pilastro dell’architettura contemporanea. Gehry non era solo un “maestro delle forme”, ma fu anche un pioniere nella digitalizzazione del settore, attraverso la quale continuò a creare forme complesse e contribuì a ridefinire il ruolo dell’architetto nella costruzione della città moderna.

Al tempo stesso, molte sue opere sono diventate riferimenti globali, modelli imitati e punti di riferimento per nuove generazioni di architetti. La sua visione – incisiva, a volte divisiva – ha sfidato la tradizione, imponendo il concetto che l’architettura non sia solo “edificio utile”, ma un linguaggio visivo, sociale e urbano.

Alla fine, la figura di Gehry testimonia che anche l’architettura – come la musica, l’arte, la moda – può essere un veicolo di rottura: capace di ridefinire una città, cambiare percezioni, stimolare reazioni polarizzate. Il suo lascito rappresenta oggi un pezzo concreto di quel cambiamento.

Immagine di Francesco Caroli

Francesco Caroli

Francesco Caroli, nato a Taranto, ha iniziato a scrivere di musica e cultura per blog e testate online nel 2017. È autore per le riviste cartacee musicali L'Olifante e SMMAG! e caporedattore per IlNewyorkese. Nel 2023 ha pubblicato il saggio "Il mutamento delle subculture, dai teddy boy alla scena trap" per la casa editrice milanese Meltemi.

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