La Italian Welfare League compie 105 anni e continua a essere uno dei punti di riferimento per la comunità italiana e italoamericana di New York. Nata a Ellis Island come primo sostegno ai migranti appena sbarcati, oggi l’associazione concentra il suo impegno sui bambini con bisogni speciali, finanziando terapie e supporti che spesso non sono coperti dalle assicurazioni. Ne abbiamo parlato con la presidente Anna Malafronte, che da due anni guida l’organizzazione dopo una lunga esperienza tra diplomazia, accademia e mondo associativo italoamericano.
Puoi raccontarmi il tuo percorso personale e professionale, dall’Italia agli Stati Uniti, fino al tuo ruolo attuale di presidente della Italian Welfare League?
Sono nata negli Stati Uniti, dove ho iniziato i miei studi fino ai 14 anni. Poi mi sono trasferita in Italia, dove ho frequentato il liceo scientifico. Successivamente ho deciso di tornare negli Stati Uniti per l’università: alla Fordham University ho conseguito una laurea in Scienze Politiche e Lingua e Letteratura Italiana, seguita da un master in Economia dello Sviluppo. Ho poi vinto una borsa di studio del Rotary International, l’Ambassadorial Scholarship, che mi ha riportata in Italia, all’Università di Padova, per studiare sviluppo internazionale e Unione Europea.
Rientrata negli Stati Uniti, ho insegnato per alcuni anni alla Fordham University, prima di vincere un concorso per lavorare al Consolato Generale d’Italia, dove sono rimasta per circa 24 anni e mezzo. Successivamente ho accettato una posizione presso la National Italian American Foundation, un’organizzazione che rappresenta oltre 17 milioni di italoamericani e promuove la cultura italiana negli Stati Uniti. Da due anni sono Presidente della Italian Welfare League, che quest’anno compie 105 anni e continua a sostenere la comunità italiana e italoamericana a New York.

In oltre un secolo di attività, come è cambiata la mission dell’associazione? Qual è oggi rispetto a quella delle origini?
Oggi la nostra missione è principalmente dedicata ai bambini con bisogni speciali, i cosiddetti special needs. Ci occupiamo di famiglie che non riescono a sostenere le spese per terapie considerate “alternative” e spesso non coperte dalle assicurazioni. Li aiutiamo anche con strumenti e mezzi necessari nella vita quotidiana: sedie a rotelle, supporti per la mobilità, materiali scolastici.
Agli inizi, negli anni Venti, il nostro compito era molto diverso: la Italian Welfare League nasce come Comitato Italiano della Croce Rossa Americana a Ellis Island e offriva supporto ai migranti appena arrivati, aiutandoli a trovare una casa, una scuola, le prime basi di inglese. Oggi ci rivolgiamo soprattutto ai discendenti delle famiglie italiane, ma lo spirito è rimasto identico: aiutare “i nostri” quando hanno bisogno.
Quali sono i principali eventi o le iniziative che organizzate per sostenere le vostre attività?
Non riceviamo fondi dal governo: tutto ciò che facciamo è possibile grazie ai nostri sostenitori. La nostra raccolta fondi principale è il New York in Autumn Luncheon, che si tiene ogni ottobre, durante il mese dedicato alla cultura italiana negli Stati Uniti. In quell’occasione premiamo sostenitori, medici, pediatri e tutti coloro che contribuiscono alla nostra missione.
Durante l’anno organizziamo molti altri eventi legati alla tradizione italiana — Carnevale, San Giuseppe, Pasqua, Natale — che ci permettono di raccogliere fondi per garantire ai bambini l’accesso alle terapie e ai materiali di cui hanno bisogno.
Puoi condividere qualche dato sul vostro lavoro, ad esempio quanti bambini avete sostenuto e quanti fondi siete riusciti a raccogliere?
Dal 2001, con l’avvio della campagna “I nostri bambini” dopo l’11 settembre, abbiamo raccolto oltre tre milioni e mezzo di dollari e aiutato più di 2.800 bambini. Gli aiuti vanno dalle terapie ai dispositivi medici fino a letti o attrezzature particolari. Sono numeri importanti, che mostrano quanto la comunità creda nel nostro lavoro.
C’è un traguardo recente di cui sei particolarmente orgogliosa?
Negli ultimi anni siamo riusciti ad ampliare molto la nostra rete grazie a nuove persone che hanno conosciuto l’organizzazione partecipando ai nostri eventi. Uno dei momenti più toccanti è stato l’intervento a favore di una bambina alla quale i medici avevano dato sei mesi di vita: grazie alle terapie finanziate dalla Italian Welfare League, oggi ha sette anni e continua a migliorare. È una storia che ha commosso tutti noi e che ci spinge a fare ancora di più.
Quali obiettivi vi siete prefissati per il futuro?
Uno dei nostri obiettivi principali è coinvolgere sempre di più i giovani, gli young professionals tra i 21 e i 35 anni, che saranno i prossimi leader della comunità italoamericana. Vogliamo creare un ponte tra generazioni e garantire continuità alla nostra missione. Allo stesso tempo puntiamo a superare i quattro milioni di dollari raccolti, così da poter raggiungere un numero ancora maggiore di famiglie.
C’è qualcosa che vorresti aggiungere?
Solo un ringraziamento a chi ci sostiene e un invito a chi ancora non ci conosce a dedicare anche solo un po’ del proprio tempo a questa organizzazione, che da 105 anni aiuta le famiglie italiane e italoamericane a New York.




