Thanksgiving, il giorno del tacchino e del tannino

Cari lettori, oggi vi porto oltreoceano, dove ogni quarto giovedì di novembre gli americani si radunano intorno a tavole smisurate per celebrare il Thanksgiving, alias la “Festa del Ringraziamento”. Sì, proprio quella che vediamo nei film: tavole imbandite, parenti sorridenti e un tacchino grande quanto una Panda 4×4.

Di cosa si tratta, dunque, il Giorno del Ringraziamento? In origine, il Thanksgiving nasce nel XVII secolo come celebrazione del buon raccolto. Oggi è diventato una sorta di Capodanno anticipato, con meno glitter e più gravy. Un momento per dire “grazie”, tra una forchettata e l’altra, alla famiglia, agli amici e alla pazienza di chi cucina.

La star indiscussa è lui: il tacchino arrosto, imbottito con lo stuffing, un ripieno variabile che può contenere pane, salsiccia, sedano e discutibili quantità di burro. Al suo fianco, come comparse golose, l’immancabile purè di patate, che siano gialle o dolci, rigorosamente affogato nel gravy, ovvero la salsa ottenuta dal fondo del tacchino. Poi c’è la cranberry sauce, una marmellatina rossa dolce-acidula che divide l’opinione pubblica più del dibattito sul panettone con o senza canditi. Oppure la green bean casserole, ovvero fagiolini con cipolle croccanti e crema di funghi: comfort food o trauma gastronomico, dipende da chi l’ha preparata. Per concludere in bellezza, la pumpkin pie, una torta di zucca profumata di cannella e nostalgia autunnale. Vi ho fatto venire fame?

E ora entriamo nel vivo: cosa si beve il Giorno del Ringraziamento? Il Thanksgiving è una vera sfida enologica: un pasto dolce, salato, speziato, burroso e acidulo tutto insieme. Ma niente paura, ecco la trilogia vincente del Ringraziamento, in una versione tutta italiana degli abbinamenti.

Si comincia con uno Chardonnay morbido, rotondo e leggermente burroso, pronto a fare amicizia con tacchino e purè. Perfetto uno Chardonnay del Friuli o dell’Alto Adige, possibilmente affinato in legno. Si prosegue con un Pinot Noir, elegante, fruttato e diplomatico: riesce a piacere a tutti, persino allo zio che dice “il vino rosso mi fa venire mal di testa”. Un Pinot Nero trentino o, in alternativa, un Etna Rosso, sono ottime scelte da portare in tavola. E per chiudere, lo Zinfandel, conosciuto in Italia come Primitivo: pieno, speziato e patriottico, è il vino che urla “God Bless America” dentro al bicchiere, ma si sa, il primitivo per eccellenza è quello pugliese!

Per chi vuole aggiungere un tocco originale, si può portare un Lambrusco secco o un Dolcetto d’Alba, entrambi sanno reggere la conversazione senza essere invadenti.

Il Thanksgiving è un baccanale di gratitudine in salsa al burro, l’occasione perfetta per ringraziare la vita, la famiglia e non ultimo il produttore del vino che ci aiuta a sopportare entrambi.

Cheers, e ovviamente grazie!

Immagine di Rachele Papi

Rachele Papi

Originaria di Livorno, si è trasferita a New York per amore. Qui, la sua passione per l'arte e la natura si è presentata in una forma diversa: attraverso il vino. Da sette anni nel settore vinicolo, Rachele ha coltivato la sua conoscenza e la sua passione per il mondo enologico, diventando una figura rispettata nel settore. Nonostante la sua nuova vita in America, Rachele non dimentica mai le sue radici, che continuano a ispirare il suo lavoro e la sua vita quotidiana.

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