Domenica si correrà la 54° Maratona di New York, considerata una delle corse più seguite e prestigiose al mondo, con oltre 50 mila partecipanti ogni anno e un sistema di selezione che include sorteggi e qualificazioni. Nonostante la sua immagine di evento sportivo rigoroso, negli anni sono emerse diverse irregolarità e tentativi di aggirare le regole; alcune di queste storie, come spesso accade, sono poi entrate nella leggenda della competizione, divenendo parte del folklore che ruota attorno all’evento. Allo stesso tempo, la diffusione di tecnologie di tracciamento e l’aumento dell’attenzione mediatica hanno sicuramente contribuito a ridurre il fenomeno nel corso degli anni, ma non a eliminarlo completamente.
Nata nel 1970 con soli 127 partecipanti, nei primi anni la maratona correva interamente dentro Central Park. Pochi volontari, nessuna tecnologia di monitoraggio e un contesto sportivo ancora amatoriale rendevano possibile correre solo parte della gara senza essere notati in maniera abbastanza agile. Quando nel 1976 il percorso fu esteso ai cinque distretti, la visibilità aumentò e con essa la necessità di controlli più rigorosi. Ma anche in seguito, con chip elettronici, database e telecamere, alcuni hanno tentato scorciatoie che, viste oggi, sembrano più assurde che furbe.
Il caso Rosie Ruiz
Uno dei casi più famosi collegati alla Maratona di New York, pur essendo esploso a Boston, è quello di Rosie Ruiz. Nel 1980 Ruiz arrivò al traguardo della Maratona di Boston con un tempo ufficiale di 2 ore, 31 minuti e 56 secondi: il terzo miglior risultato femminile di sempre all’epoca. Nessuno l’aveva mai vista nei gruppi di testa, e al suo arrivo appariva fresca, senza i segni tipici di chi aveva corso 42 chilometri. Alcuni spettatori dissero di averla vista sbucare dalla folla vicino al traguardo. L’indagine partì dalla domanda più ovvia: come poteva un’atleta praticamente sconosciuta ottenere un tempo così veloce senza che nessuno la notasse? Un gruppo di corridori e giornalisti verificò fotografie, testimonianze e passaggi ai checkpoint. Scoprirono che Ruiz aveva preso la metropolitana per gran parte del percorso. Il caso si allargò anche alla Maratona di New York 1979, dove risultò iscritta con modalità irregolari e dove era già sospettata di non aver completato il percorso interamente.

L’episodio Ruiz non fu solo un fatto di cronaca sportiva ma accelerò l’introduzione di sistemi di controllo più precisi. A partire dagli anni Novanta, l’uso di chip elettronici che registrano passaggi obbligati lungo il percorso divenne standard. Prima, i controlli erano affidati a osservatori lungo le strade e alle testimonianze dei runner. Dopo Ruiz, i principali eventi iniziarono a sviluppare sistemi incrociati: registrazione elettronica, video e confronto dei tempi di passaggio, oltre all’introduzione di controlli manuali per verificare anomalie.
Tuttavia, anche la tecnologia può essere aggirata. Alcuni casi coinvolgono atleti che — pur iscrivendosi regolarmente — tentano di saltare tratti di percorso e rientrare in punti successivi. L’obiettivo è quello di ottenere un tempo che permetta l’accesso a maratone più prestigiose, considerando che New York, Boston, Chicago e altre gare hanno criteri di qualificazione basati sui tempi personali.
Le irregolarità non riguardano soltanto chi salta il percorso: esiste anche la pratica del “bib mule”, cioè correre al posto di un altro atleta utilizzando il suo pettorale. La motivazione spesso è aiutare qualcuno a ottenere un tempo migliore. Gli organizzatori della Maratona di New York hanno squalificato più volte runner per questo motivo, incrociando dati cronometrici e registrazioni video. In casi documentati, gli atleti sono stati esclusi dalle edizioni successive e segnalati alla federazione.

Ci sono poi i tentativi più “amatoriali”, ma non meno significativi. Negli anni Duemila divenne comune trovare persone che, non essendo riuscite a ottenere un pettorale tramite sorteggio o programma di beneficenza, entravano in gara illegalmente lungo il percorso. Questo fenomeno portò a un rafforzamento dei controlli ai varchi di accesso e all’uso di sistemi di barriera lungo parti della gara.
La pressione sociale ha aggiunto un ulteriore livello di controllo. Le app GPS, pensate per tracciare le proprie prestazioni, hanno spesso contribuito a smascherare tentativi di scorciatoia: corse improvvisamente “teletrasportate”, velocità incompatibili con la fisica umana, o percorsi incompleti visibili nei dati caricati su piattaforme sportive. In alcuni casi le discrepanze tra i dati dell’app personale e i rilevamenti ufficiali hanno portato a indagini interne.
Parallelamente è nata una comunità di “detective della maratona”. Uno dei siti più attivi è Marathon Investigation, che analizza dati pubblici e riceve segnalazioni anonime. Il fondatore sostiene che l’obiettivo non sia la gogna pubblica, ma la trasparenza del sistema. La piattaforma ha contribuito a esporre casi non solo negli Stati Uniti ma anche in altre maratone internazionali.
Il problema, comunque, non riguarda solo l’etica o la violazione del regolamento. Gli organizzatori ricordano che ogni corridore non autorizzato può creare rischi di sicurezza: dalle congestioni in punti sensibili alle emergenze mediche. Per questo i regolamenti della Maratona di New York prevedono squalifiche a vita per chi falsifica pettorali o si iscrive con dati non veritieri, oltre a collaborare con le autorità in caso di frodi organizzate.
Nonostante tutto, l’idea di ottenere la medaglia di finisher continua a rappresentare un’attrazione forte. La partecipazione a New York è spesso vissuta come un traguardo personale e sociale: per molti non si tratta solo di corsa, ma di appartenenza a una comunità e di un simbolo da mostrare. È anche questo che spiega perché, nonostante i rischi, qualcuno ancora tenta scorciatoie.

Gli episodi recenti
Un esempio è quello che successe nel 2014, quando in alcuni forum di runner e su piattaforme dedicate alla verifica dei tempi emerse un caso legato a un corridore che avrebbe lasciato il percorso nel Bronx, in prossimità del ponte che collega il quartiere a Manhattan, per poi rientrare in gara più avanti. Gli utenti notarono una discrepanza tra i tempi intermedi registrati e la proiezione finale, con un tratto completato a una velocità incompatibile con il ritmo precedente e successivo. Nonostante non ci fosse una prova definitiva — le immagini disponibili non erano sufficienti a dimostrare l’uscita dal percorso — la discussione divenne un esempio di come la comunità di runner analizzi i dati pubblici e sollevi dubbi anche senza un’indagine ufficiale. Il caso non portò a squalifiche, ma aprì un confronto su quanto le analisi amatoriali possano influenzare la percezione dell’integrità della gara e sul rischio di segnalazioni basate su evidenze incomplete.
Nel 2018 la New York Road Runners — l’organizzazione che gestisce la maratona — comunicò una serie di squalifiche legate al prestito e alla falsificazione di pettorali. In quell’anno alcuni corridori furono segnalati perché le foto ufficiali, scattate ai punti di controllo e al traguardo, mostravano persone con caratteristiche fisiche non coerenti con quelle registrate nei profili degli atleti. In alcuni casi erano stati individuati corridori sostitutivi, scelti per ottenere tempi più veloci e aiutare altri ad accedere a maratone con criteri di qualificazione stringenti. La NYRR confermò la squalifica di più partecipanti e sottolineò che l’identificazione era avvenuta grazie all’incrocio tra tecnologia di rilevamento, registrazioni video e segnalazioni volontarie. Anche qui, il caso contribuì a rafforzare l’idea che, oltre ai controlli tecnici, la gestione dell’integrità dell’evento si basi anche sul contributo della comunità.
Un altro episodio risale al 2022 e riguarda una runner che pubblicò il proprio tracciato GPS su una piattaforma di social fitness al termine della gara. Analizzando la mappa del percorso, alcuni utenti notarono un’anomalia evidente: il passaggio dal Queens a Manhattan avveniva senza seguire il tragitto ufficiale attraverso il Queensboro Bridge, né risultavano deviazioni compatibili con mezzi di trasporto autorizzati. L’analisi mostrava un salto improvviso nella traccia, come se la runner fosse stata “teletrasportata” da un punto all’altro. Il caso venne discusso su Marathon Investigation, che raccolse dati e segnalazioni, e la NYRR condusse verifiche interne che portarono alla conferma dell’irregolarità e alla conseguente squalifica.
Le irregolarità restano numericamente limitate rispetto alla platea complessiva dei partecipanti. Ma la loro esistenza racconta che anche nello sport amatoriale più celebrato al mondo può emergere il desiderio di ottenere un risultato senza passare dal percorso completo. Per gli organizzatori e per la comunità dei runner, l’obiettivo rimane quello di garantire che tagliare quel traguardo continui a significare ciò che dovrebbe significare.




