Nel 1960, il batiscafo Trieste raggiunse la profondità record di 10.916 metri nella Fossa delle Marianne, segnando una delle imprese più significative della storia scientifica del Novecento. L’impresa, condotta da Jacques Piccard e dal tenente statunitense Don Walsh, fu resa possibile da un progetto nato in Italia, ideato da Auguste Piccard e realizzato tra Trieste, Monfalcone e Castellammare di Stabia. Dopo il suo successo, il Trieste venne trasferito negli Stati Uniti e oggi è conservato al Museo Navale della Marina Americana a Washington.
A oltre sessant’anni da quella discesa, la storia del batiscafo viene riportata sullo schermo con il docufilm Operazione Batiscafo Trieste, diretto da Massimiliano Finazzer Flory e commissionato dal Comune di Trieste. Il film documenta la ricostruzione fedele del mezzo, realizzata nei laboratori bergamaschi della M23, e il suo ritorno nella città che gli diede il nome. “È il 23 gennaio 1960. Il batiscafo con bandiera americana, invenzione svizzera e ingegno italiano si immerge. Toccherà 10.916 metri. È il record non solo del mondo ma per il mondo”, racconta il regista, che con questo lavoro intende restituire una pagina di storia italiana spesso ricordata solo marginalmente. Ma l’obiettivo non è ricordare il passato, quanto celebrare i pionieri che hanno fatto la storia di ogni epoca.
La pellicola, della durata di 40 minuti, alterna immagini in bianco e nero e a colori, e si avvale della partecipazione straordinaria di Bertrand Piccard, nipote di Auguste. “È così che iniziò la vera storia del Trieste”, ha dichiarato Piccard, ricordando come l’intervento di Diego de Henriquez — collezionista triestino e promotore di progetti scientifici e militari nel dopoguerra — fu decisivo per la nascita e la realizzazione del batiscafo. “Grazie a lui ci fu il Trieste, grazie a lui ci fu l’immersione fino a undici chilometri di profondità.”
La ricostruzione è sicuramente un’operazione di memoria storica, ma anche un richiamo al valore ambientale dell’impresa. Come ha ricordato il giornalista Ferrara, “queste immersioni contribuirono in maniera determinante ad evitare che il fondo del mare fosse utilizzato come deposito per le scorie radioattive”. Questo perché, tra gli anni Cinquanta e Sessanta, molti governi pensavano che i fondali oceanici fossero ambienti statici, “morti”, e non ecosistemi pieni di vita biologica.
Jacques Piccard, per anni, portò nel mondo il messaggio del Trieste come simbolo di pace e di tutela del pianeta, sottolineando il legame tra esplorazione e responsabilità ecologica. Adesso, da gennaio, l’anteprima di Operazione Batiscafo Trieste porterà sullo schermo la ricostruzione di uno degli episodi fondamentali nel progresso scientifico, che ci ha portato a conoscere meglio le nostre profondità marine ed a riscoprire il nostro dovere di proteggerle.