Trump in camp

È stata una domenica eccezionale per gli italiani: Sinner trionfa a Wimbledon e poche ore dopo un giovane allenatore, Maresca, diventa campione del del mondo a New York con il suo Chelsea.

Tre a zero al Paris Saint Germain che a fine maggio aveva umiliato l’Inter nella finale di Champions. Gli ingiocabili si diceva alla vigilia, riprova ancora una volta che il calcio è meraviglioso perché imprevedibile e che tutto si può giocare, sempre, come nella vita.

Ma a New York è successo qualcos’altro di imprevedibile, in un certo senso politico, ovvero la presenza di Donald Trump. Non solo, il Presidente è sceso sul prato verde, rilassato, alla fine della partita, ha salutato cordialmente il pubblico e poi ha premiato i giocatori insieme al Presidente della Fifa Infantino.

Ho dovuto riguardare due volte le immagini per credere ai miei occhi, Trump che con pazienza faceva tutta intera la liturgia, correttamente, dai vinti ai vittoriosi. Insomma tutti quelli che hanno detto che il Mondiale per Club era uno schifo, che l’America non solo non è pronta per il calcio ma lo snobba (stadi vuoti e biglietti regalati), sono stati zittiti.

Trump dice che il matrimonio tra gli States e il pallone si può fare. Non sarà una rivoluzione antropologica e sociale ma mediatica ed economica si. Del resto perché lo chiamiamo ancora oggi il Tycoon?

Ma c’è dell’altro oltre solo business duro e crudo e alla genialità comunicativa del Presidente. Lo sport ormai non è più solo una questione romantica e sentimentale di un territorio o di una persona. Lo sport, tutti gli sport, sono ormai globalizzati come la finanza, diritti e sponsor sono i padroni. E tutti sono ammessi, devono essere ammessi, non solo quelli che hanno fatto scuola, Europa e Sudamerica. In fondo è il bello della democrazia, l’uguaglianza almeno della partecipazione.

Stavolta le regole erano imperfette ma in futuro ci saranno altre dodici squadre, come accadrà per il Mondiale vero, quello delle nazionali, sempre in America il prossimo anno, sempre con la finale a New York. Poi vince una squadra inglese (dove il calcio è nato) e vince un allenatore italiano, dove il calcio ancora conta, pure se siamo tutti tennisti in omaggio alla grandezza di Sinner .

Ma va bene così…a proposito le due italiane che hanno partecipato, Inter e Juve, pur arrivando solo agli ottavi si sono portate a casa bei soldini. E scusate se è poco di questi tempi dove il nostro calciomercato non fa più sognare e neanche sperare.

Immagine di Claudio Brachino

Claudio Brachino

Giornalista, saggista ed editorialista italiano. Laureato in Lettere, passione per il teatro, ha scritto con De Filippo e Michalkov. Poi 32 anni in Fininvest e Mediaset, dove è stato vicedirettore ed anchor di Studio aperto, due volte direttore di Videonews, la fabbrica dei format, direttore di Sport Mediaset e di Radio Montecarlo news. Inoltre, ha diretto per due anni il Settimanale, magazine cartaceo e web sulle Pmi, ha scritto per Il Tempo e Il Giornale, ora è editorialista del Multimediale di Italpress, opinionista tv per Rai e La7 e direttore editoriale di Good Morning Italy. Da poco ha firmato una collaborazione per lo sport del circuito Netweek.

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