Miro Marcelli è il titolare della ERNESI 1978, laboratorio storico Marchigiano di cosmesi farmaceutica naturale, fondato nel 1978. Da fine 2020 ha lasciato la carriera corporate per dedicarsi full-time al rilancio dell’azienda di famiglia con passione e innovazione. Dal 2010, Miro vive e opera tra Detroit, Michigan, e New York, promuovendo la filosofia del Made in Italy oltreoceano. Lo abbiamo intervistato per il Newyorkese.
Quando è avvenuto il tuo primo incontro con la realtà Ernesi 1978?
Il momento in cui la mia vita si incontra con ERNESI 1978 è già da bambino. Mio padre e Silvana Virgili (che insieme a Ernesto Cappelli hanno costruito il primo laboratorio), erano già insieme. Ernesto, purtroppo, è morto prematuramente, ma io ho un ricordo molto vivido di lui. Vivevamo a San Benedetto del Tronto, vicino al mare, ed erano nostri vicini. ERNESI viene appunto dall’unione dei nomi dei fondatori Ernesto e Silvana. Fin dagli esordi, ERNESI si è distinta per l’altissima qualità delle formule e l’uso pionieristico di ingredienti naturali e biominerali, mettendo al centro la potenza della natura per valorizzare la cura quotidiana. Tutto nasce da un’intuizione pionieristica. Silvana era estetista, conosceva i limiti dei prodotti sul mercato e pensò di creare qualcosa che unisse più benefici in un unico prodotto. Allora “naturale” o “biologico” erano concetti sconosciuti, non una commodity come oggi. ERNESI 1978 nacque con tre valori fondanti: naturalezza, sostenibilità (usavamo il vetro già allora) e standard qualitativi farmaceutici.
Poi però hai preso una strada professionale molto diversa…
Sì, ho avuto una carriera fortunata in Fiat Chrysler. Ero giovanissimo ma ho avuto l’opportunità di lavorare con leader eccezionali come Virgilio Cerutti, attuale CEO di Teksid Spa, Paolo Zangrillo, ora Ministro della Pubblica Amministrazione e Alfredo Altavilla, ex-Presidente di ITA Airways (Alitalia), durante il periodo Marchionniano. Quella vicinanza/esposizione a fuoriclasse del corporate management è stata sufficiente per farmi riflettere: è davvero questa la vita che voglio? A trent’anni, quando tutto sembrava andare al meglio, mi sono chiesto: “Nel caso di massimo “successo”, cosa succede? Divento Marchionne?” L’avevo visto un paio di volte solo… e con quattro BlackBerry sempre in mano. Ho potuto osservare e imparare da vicino come perseguire l’interesse aziendale di lungo termine nel mondo delle grandi corporations sia quasi una mission impossible, anche per veri e propri fenomeni della leadership. Questo mi ha maturato molto in fretta. Così, nel 2006-2007, proprio nel mentre della mia promozione di carriera più importante nel Gruppo Fiat come la formalizzazione del mio diretto riporto al SVP HR Paolo Zangrillo , ho fatto una proposta per rilevare l’azienda che consideravo di famiglia.
È stato un salto nel vuoto?
In realtà no. Fu un’operazione appunto familiare per non far morire un vero gioiellino già allora con una storia di assoluto prestigio. Io non volevo che quella storia finisse. Ho messo un primo contributo da consulente esterno per capire come il brand appariva all’esterno: la qualità c’era, ma serviva lavorare su immagine e packaging. Per dieci anni, però, ho continuato a seguire tutto da fuori. Solo da 3-4 anni ho tagliato con il mondo corporate e mi dedico full time a ERNESI 1978
Come descriveresti oggi la tua gestione del brand?
Ogni giorno di radicarmi ancora di più nella visione originale. Mi chiedo: con le possibilità e il sapere di oggi, cosa avrebbero fatto Ernesto e Silvana? Un esempio è il nostro nuovo prodotto, il Collagen C+. Un integratore, una novità assoluta per Ernesi, ma coerente con la nostra storia: il principio attivo è sempre il collagene, lo stesso su cui avevano puntato alla fine degli anni ’70. Oggi Ernesi propone cosmetici di nicchia, frutto di una mescola tra ricerca scientifica, tradizione mediterranea e autenticità, incarnando uno spirito “ernesiano”: amanti della verità, della bellezza genuina e dell’ecosostenibilità.
Il target iniziale non era il cliente finale? Come si è evoluta la linea?
No, il nostro cliente erano all’inizio solo le farmacie, non il consumatore diretto. Era un B2B, e questo ci indusse fin da subito a standard elevatissimi. I prodotti in farmacia partivano allora da un prezzo medio-alto e ci distinguevamo da altri marchi, grazie a un rigoroso approccio farmaceutico. Ci siamo affidati a figure leggendarie come il dottor Gianfranco Salvi, fondatore e direttore per decenni dello stabilimento Carlo Erba di Ascoli Piceno, oggi diventato parte di Pfizer. È stato un nostro mentore. Abbiamo iniziato nell’area capelli: shampoo all’ortica, lozione rinforzante. Parallelamente, per la skincare, latte detergente, tonico e maschera all’argilla. L’idea era semplice: la pulizia del viso era fondamentale, e le creme / i sieri venivano solo dopo. Portiamo innanzitutto questo nel mercato nordamericano: l’attenzione a non saltare la necessaria skincare routine e affidarsi direttamente al siero. Con la nostra tradizione, abbiamo, oltre al Made in Ital, una credibilità costruita in tanti anni di ricerca ma anche di esperienze dirette di Silvana nelle miriadi di “pulizie del viso” fatte da lei su tutti i tipi di pelle. La linea si è evoluta ma è rimasta fedele alla visione originale. È un esercizio costante di coerenza. Per me tutto ruota attorno a una parola: Authenticity: ogni briefing sia di prodotto che di marketing parte da li. Non ci annoveriamo tra le start-up che studiano prima i trend e poi commissionano di conseguenza la creazione di una formula che meglio interpreti/cavalchi quel trend di mercato. Partiamo da ciò che siamo per avvicinarci sempre più alle nostre radici, e successivamente, alla fine del processo di innovazione, le valorizziamo sul mercato.
Qual è la sfida più grande oggi?
Mantenere appunto viva la visione originaria in un mondo dominato da startup che seguono le mode. Il nostro collagene era protagonista nel ‘78 e lo è ancora oggi, con un prodotto nuovo, moderno, performante e soprattutto coerente. Questo è Ernesi 1978: una storia che si rinnova, punta sulle radici, con l’ambizione di valorizzarle soprattutto in Nord America. Per me Ernesi 1978 è un atto d’amore verso la mia Regione Marche, in crescita su tutti i fronti ma ancora poco conosciuta e sottostimata, un’impresa fierissima delle profonde radici Picene, fatte di condivisione, responsabilità e autenticità.
Vivi a Detroit da anni ormai e sei molto attivo nella comunità italiana locale. In che modo Ernesi 1978 si inserisce nel tuo legame tra la città e l’Italia?
Detroit è una città che non smette mai di sorprendermi per la sua resilienza, la creatività che pulsa in ogni quartiere e quella capacità unica di reinventarsi senza dimenticare le proprie radici. Ho lavorato con diverse istituzioni culturali per rafforzare il legame tra la comunità italiana e il tessuto creativo della città. Proprio a inizio giugno, Detroit ha ospitato il North American UNESCO Creative Cities Convening, promosso da Design Core – l’organizzazione non-profit che gestisce la designazione di Detroit come “City of Design”. Il programma per il decimo anniversario di questo riconoscimento UNESCO è ricco di panel, networking e cene conviviali per celebrare Detroit, la prima città statunitense a ricevere questo prestigioso titolo, e in questi dieci anni ha costruito una rete internazionale con altre città creative come Torino, Montréal e Berlino. Ernesi 1978 ha scelto di essere presente non solo come marchio di cosmesi naturale, ma come realtà italiana che ha la sostenibilità nei suoi geni, e che scommette nell’identità locale e nella bellezza autentica, tutti valori che si allineano con la missione delle celebrazioni. Il nostro supporto è visibile e apprezzato. Per me è un momento di orgoglio: vedere una piccolissima realtà italiana così radicata nella tradizione familiare partecipare attivamente alla vita culturale di Detroit, costruire un fil rouge con Le Marche e crescere in Nord America