Il missile della democrazia

La democrazia avvinghiata a un missile. È un’immagine semplificata ma forte dei ragionamenti che riguardano il mondo in queste ore.

L’oggetto primario è la guerra in corso fra Israele e Iran, con il primo che ha attaccato i siti nucleari e l’altro che ha risposto con una pioggia di razzi.

Ci sono  già mille vittime civili e un numero enorme di feriti sommando i reciproci bilanci provvisori. Queste operazioni non sono mai asettiche per quanto la tecnologia militare avanzata permetta da un lato maggiore precisione e dall’ altro maggiore protezione.

Vedere le immagini dal basso delle case sventrate perché si esca dall’illusione notturna dei flash da videogioco. Azione – reazione , ancora una volta la spirale di violenza funziona così in Medio Oriente e ancora una volta si teme la cosiddetta escalation, ovvero il coinvolgimento delle altre potenze regionali prima e poi mondiali.

Insomma lo spaventoso e troppo evocato (ultimamente) amrageddon, verbalmente il terzo conflitto planetario, quello nucleare, quello definitivo per l’homo sapiens.

Ma evitiamo di metterci nel coro di sventura e teniamo dritta la barra analitica. L’ America per ora è alla finestra, gli accordi sul nucleare con Teheran dovevano essere firmati in questi giorni, e Trump  proporne come mediatore niente di meno che Putin, con immediata reazione di fastidio di tutta la diplomazia.

Un dittatore, un ayatollah e un leader si di un paese democratico (Israele) ma molto molto aggressivo. Non un quadro incoraggiante.

Netanyahu sostiene che il suo paese ha agito per difendere in primis se stesso (un regime islamico che vuole la fine dello stato ebraico e che si dota della bomba atomica …) ma anche il mondo.

Khamenei, il leader iraniano, e nascosto in un bunker, il suo certo dirigente è stato ucciso o è in fuga, il regime sta per crollare. Una spinta  della popolazione civile e l’appoggio dell’Occidente ed è fatta…così sostiene la leadership di Tel Aviv.

Ma la storia ci dice che non è mai così semplice. Tutte le volte che la democrazia è stata esportata con la forza è stata una tragedia, Afghanistan, Iraq, Libia per stare agli esempi degli ultimi decenni.

E ancora una  volta la politica e l’opinione pubblica delle democrazie occidentali si dividono, soprattutto in Europa. Con distinguo e colpi di fioretto dialettici che producono effetti paradossali: in punta di principio formale si difendono i regimi anche se appoggiare la crescente aggressività difensivo-offensiva israeliana diventa sempre più complicato.

La matassa è ingarbugliata e noi tutti, ripeto noi tutti, rischiamo non solo sul piano della sicurezza ma anche su quello energetico e della mobilità internazionale delle merci. Una crisi economica senza uguali. Altro che dazi…

Picture of Claudio Brachino

Claudio Brachino

Giornalista, saggista ed editorialista italiano. Laureato in Lettere, passione per il teatro, ha scritto con De Filippo e Michalkov. Poi 32 anni in Fininvest e Mediaset, dove è stato vicedirettore ed anchor di Studio aperto , 2 volte direttore di Videonews, la fabbrica dei format, direttore di Sport Mediaset e di Radio Montecarlo news. Inoltre, ha diretto per due anni il Settimanale, magazine cartaceo e web sulle Pmi, ha scritto per il Tempo e il Giornale, ora è editorialista del Multimediale di Italpress, opinionista tv per Rai e La7 e direttore editoriale di Good Morning Italy. Da poco ha firmato una collaborazione per lo sport del circuito Netweek.

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