Con l’arrivo dell’estate, mi sento un po’ un mix tra un Pantone vivente e Rossella Migliaccio in missione cromatica. Il sole, il mare, i vestiti leggeri… tutto invoglia alla ricerca del colore perfetto. Così oggi ho deciso di parlarvi di un tema che unisce arte, bellezza e rullo di tamburi, vino: l’armocromia! Sì, proprio quella disciplina che ci aiuta a scegliere i colori più adatti al nostro incarnato, ai nostri capelli ed occhi. Ma ovviamente qui non ci trucchiamo, né ci vestiamo. Oggi facciamo un brindisi alla versione enoica dell’armocromia: l’armocromia del vino. Ma prima, capiamo che cos’è davvero l’armocromia?
L’armocromia è una teoria sviluppata agli inizi del Novecento da Johannes Itten, artista e docente presso la celebre Bauhaus School of Art. Nel suo libro L’arte del colore (1961), Itten introduce un nuovo modo di interpretare il colore, basato su due parametri fondamentali: Temperatura (caldo/freddo) e Valore (chiaro/scuro). Secondo questa teoria, i colori si distinguono in: caldi, a base gialla e freddi, a base blu. Da qui si parte con i tre colori primari giallo, blu e rosso (magenta) che, combinati tra loro, danno vita all’intero spettro cromatico. Aggiungendo bianco e nero, si ottengono rispettivamente luminosità e profondità.
Ora, vi chiederete: “Tutto molto interessante… ma cosa c’entra con il vino?” Ebbene, anche il vino ha una sua palette! Non possiamo indossarlo (salvo incidenti di percorso), né appenderlo a una parete come un quadro, ma il colore del vino ci fornisce una serie di informazioni preziosissime: età, acidità, struttura, tipo di vinificazione e persino il vitigno. In fondo, è risaputo, si beve prima con gli occhi, e un’occhiata al calice può dirci molto, anzi moltissimo, prima ancora che il naso e il palato entrino in scena.
Tradizionalmente, i vini si dividono in tre grandi categorie cromatiche: bianco, rosso e rosato. Negli ultimi anni, si è aggiunta una quarta categoria, quella dei vini aranciati, veri protagonisti delle tavole più trendy. Il colore del vino dipende principalmente dai polifenoli, sostanze presenti nelle bucce dell’uva, ricordate, non nella polpa! Con la vinificazione in rosso o in rosato, le bucce delle uve a bacca nera rilasciano colore durante la macerazione. Nei vini bianchi, invece, si utilizza in genere uva a bacca bianca (o nera, ma senza buccia), e la fermentazione avviene in assenza di vinacce.
Vediamo nel dettaglio le sfumature cromatiche tipiche di ciascuna tipologia.
Possiamo dire che la palette dei vini bianchi si potrebbe dividere così:
• Giallo verdolino: una tonalità chiara, con riflessi verdi. Tipica di vini giovani e freschi, caratterizzati da alta acidità.
• Giallo paglierino: richiama il colore della paglia secca. Indica un vino giovane ma ben equilibrato, con buon compromesso tra acidità e morbidezza.
• Giallo dorato: nuance calda e avvolgente. È il segno di un vino più maturo, spesso affinato in botte, con maggiore morbidezza e meno acidità.
• Giallo ambrato (ambra o topazio): tipico dei vini passiti o liquorosi, ottenuti da uve molto mature o vendemmie tardive. Il vino sarà decisamente dolce e avvolgente.
La palette dei vini rosati:
• Rosa tenue: chiarissimo, quasi trasparente. Se ha riflessi violacei, è un vino giovanissimo con macerazione breve. Se vira al ramato, significa che l’uva usata era poco pigmentata.
• Rosa cerasuolo: richiama la buccia delle ciliegie. Le sfumature vanno dal violaceo all’aranciato, a seconda del grado di evoluzione.
• Rosa chiaretto: più intenso, vicino al rosso ma molto scarico. Colore violaceo da giovane, tende all’aranciato con l’invecchiamento.
E per finire i vini rossi:
• Rosso porpora: tonalità intensa, con riflessi violacei. Tipico dei vini giovani, acidi e tannici.
• Rosso rubino: più equilibrato, indice di un vino giovane ma già armonico.
• Rosso granato: colore profondo, simile al sangue. Rivela vini dove la morbidezza prevale su acidità e tannino.
• Rosso aranciato: tonalità “mattonata”, che segnala un vino evoluto, spesso con lunghi affinamenti in bottiglia.
E oltre il colore? Intensità, tonalità e vivacità!
Una volta identificata la tonalità cromatica, bisogna osservare altri tre aspetti:
• Intensità: indica la concentrazione del colore, può essere “carico”, “scarico”, “pallido” o “profondo”. Dipende sia dalla varietà dell’uva sia dalla tecnica di vinificazione.
• Tonalità: varia in base all’età del vino, al tipo di uva e alla presenza di ossidazione.
• Vivacità: ci dice se il colore è “brillante” o “spento” e ci dà indizi sulla salute dell’uva e sulla qualità della conservazione.
La prossima volta che vi trovate con un calice in mano, ricordate: anche il vino ha la sua armocromia. Osservate il colore, giocate con le sfumature, fatevi raccontare la sua storia. Cin cin e… che il vostro calice sia sempre in palette!