Città del Messico sta esaurendo le riserve idriche: dobbiamo ripensare il nostro approccio all’acqua?

Città del Messico, la capitale dell’omonimo Stato, sta finendo le proprie riserve idriche. Questo si deve all’esigua quantità di pioggia degli ultimi anni, che ha contribuito a ridurre la quantità di acqua utilizzabile dagli oltre 22 milioni di residenti della metropoli.

Per ovviare al problema, il governo sta provando a sifonare più acqua dagli acquiferi sotterranei, ma si tratta di una soluzione non percorribile per molto tempo: gli acquiferi sotterranei non sono rifornibili e pertanto destinati a terminare nel giro di qualche anno; in più, la sottrazione dell’acqua da queste riserve provoca anche il cedimento del terreno sul quale poggia la città.

Già adesso, molte famiglie vengono fornite da acqua contaminata e, quindi, inutilizzabile. Altre non ne ricevono affatto. Ma il problema non riguarda solo Città del Messico. Anche Bogotà, in Colombia, ha iniziato a razionare l’acqua a seguito della siccità che ha portato le riserve idriche cittadine ai minimi storici. Così come anche Cape Town, che ha dovuto affrontare la stessa cristi qualche anno prima, assieme alla brasiliana San Paolo.

Per gli esperti, il problema non risiede esclusivamente nel cambiamento climatico. Sono anche le decisioni politiche e la poca attenzione all’ambiente costruito dall’uomo, così come la cattiva gestione dell’ambiente naturale. Ma come si risolve tutto questo?

La soluzione più ovvia sarebbe usare meno acqua. È qualcosa che nelle città precedentemente colpite dalla crisi idrica si è provato a far capire attraverso giornate dedicate all’utilizzo consapevole dell’acqua, come a Cape Town. Basti pensare che un abitante degli Stati Uniti consuma circa 370 litri d’acqua al giorno, quattro volte superiore al fabbisogno medio. Ma si tratta anche di un trend in cambiamento.

Le persone, ma anche alcuni governi, hanno effettivamente capito quanto sia importante la conservazione delle risorse idriche, o quantomeno una loro gestione più oculata. Un modo per farlo è il riciclo delle acque reflue: un tempo anche l’acqua pulita finiva nel sistema fognario e andava persa; oggi si cerca di recuperarne il più possibile, filtrandola e rimettendola in circolo nel sistema. Ma anche questo, non è sufficiente.

Un’altra soluzione è quella di riparare e manutenere costantemente la rete idrica. Si stima che in tutto il pianeta venga perso circa il 40% dell’acqua che scorre nelle tubature. Tuttavia, vanno anche ripensate le reti idriche che attraversano le nostre città. A Singapore è stato fatto: l’isola importa acqua dalla Malesia ed ha sviluppato un sistema di riciclaggio che abbraccia le proprie zone umide per non perdere acqua in nessun passaggio.

È un modo di affrontare il problema, sicuramente, che va comunque coordinato con gli altri sforzi di cui sopra. È importante, in questo secolo, rendersi conto che l’acqua non è una risorsa scontata. E dobbiamo iniziare a gestirla meglio, con contributo di tutti. È una questione di salute pubblica, ma anche un diritto umano e una questione di equità.

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Francesco Caroli

Francesco Caroli, nato a Taranto, è laureato in Scienze Politiche, Relazioni Internazionali e Studi Europei all'Università degli studi di Bari Aldo Moro. Ha iniziato a scrivere di musica e cultura per blog e testate online nel 2017. Appassionato di musica e grande fruitore di rap, attualmente collabora come project manager per l'etichetta discografica DIGA Records ed è autore per le riviste cartacee musicali L'Olifante e SMMAG! Nel 2023 ha pubblicato il saggio "Il mutamento delle subculture, dai teddy boy alla scena trap" per la casa editrice milanese Meltemi.

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