Manosphere, la rete che odia: come i siti sessisti negli USA normalizzano la violenza contro le donne

Forum, blog e comunità online promuovono misoginia e stereotipi, influenzando giovani e cultura digitale: ignorarli significa alimentare la violenza di genere

Una scena tratta dalla miniserie Adolescence di Netflix che analizza la violenza e il sottobosco della "redpill" sul web

Negli Stati Uniti, la diffusione di siti sessisti e comunità online note collettivamente come Manosphere non è più un fenomeno marginale o di nicchia, ma un allarme culturale che riguarda l’intera società. Questi spazi digitali comprendono forum, blog, canali social e piattaforme video che presentano contenuti misogini, anti-femministi, spesso violenti e sessualmente degradanti, e si rivolgono soprattutto a giovani uomini tra i 16 e i 25 anni, intercettando le loro insicurezze e offrendo spiegazioni semplicistiche a frustrazioni personali o sociali. Forum come A Voice for Men, blog MGTOW, comunità “incel” e canali di propaganda “red pill” diffondono quotidianamente messaggi che svalutano le donne, denigrano il femminismo e promuovono una visione della società come ostile agli uomini, normalizzando atteggiamenti ostili, la discriminazione e una cultura della violenza simbolica e verbale.  Le università e organizzazioni come lo SPLCenter o UN Women hanno già lanciato l’allarme: l’esposizione costante a questi ambienti online produce un cambiamento reale nel modo in cui i giovani percepiscono i ruoli di genere, la sessualità, le relazioni e persino il proprio valore personale. Molti finiscono per interiorizzare stereotipi dannosi, legittimare atteggiamenti sessisti e trasportare ostilità e sfiducia anche nelle loro relazioni quotidiane, a scuola, in famiglia, tra amici, contribuendo così a diffondere una cultura di discriminazione che si autoalimenta e si rafforza. La BBC e altri media internazionali hanno documentato come la Manosphere sia riuscita a far penetrare certi messaggi e linguaggi misogini nella cultura digitale più mainstream, rendendo accettabili nella cultura digitale mainstream

Tuttavia, il problema spesso resta invisibile o viene sottovalutato. La radicalizzazione della misoginia avviene in maniera subdola: la Manosphere si presenta come supporto emotivo, comunità di amicizia virtuale, guida alla “mascolinità” o semplice intrattenimento, mentre algoritmi e dinamiche di engagement sui social premiano contenuti provocatori, polarizzanti e sessisti. Così il sessismo non solo viene tollerato in questi ambienti: diventa esibito con orgoglio, celebrato, imitato e diffuso, creando una catena di imitazione e condivisione che si riflette anche nella realtà offline. Le conseguenze si ripercuotono oltre lo schermo: i comportamenti appresi online influenzano la vita reale, dalle relazioni interpersonali alle dinamiche scolastiche, dal linguaggio accettato pubblicamente alle politiche sociali, e contribuiscono a creare un terreno fertile per violenza verbale, svalutazione delle donne e, in alcuni casi, violenza fisica. In altre parole, la Manosphere rappresenta un rischio concreto per le nuove generazioni: i ragazzi che frequentano questi ambienti finiscono per adottare modelli di mascolinità basati su dominio, risentimento e discriminazione, ostacolando la costruzione di rapporti sani e rispettosi e alimentando la normalizzazione della violenza di genere.

L’Italia mostra fenomeni analoghi, ma con caratteristiche differenti: i siti sessisti italiani sono meno strutturati e spesso isolati, ma scandali come quello di Phica.eu e il gruppo facebook “Mia Moglie” hanno dimostrato come la rete possa essere usata per diffondere sessismo e immagini sessualmente degradanti, costringendo l’opinione pubblica e le autorità a reagire con denunce, interventi legali e campagne di sensibilizzazione. Eppure, nonostante gli sforzi, regolamentare il web e risalire agli autori di questi contenuti rimane una sfida enorme, sia per la natura globale e frammentata di Internet, sia per la facilità con cui l’anonimato protegge chi diffonde odio. Negli Stati Uniti, la regolamentazione è frammentaria, l’anonimato online rende complicata la responsabilizzazione e la persistenza dei discorsi misogini influenza nuove generazioni, diffondendo una cultura in cui la violenza e la discriminazione contro le donne possono sembrare normali o giustificate. Contrastare questo fenomeno non significa censura fine a se stessa, ma rappresenta un imperativo sociale, educativo e culturale. È  necessario promuovere alfabetizzazione digitale, educazione al rispetto di genere, consapevolezza pubblica e responsabilità delle piattaforme, insieme a interventi concreti per denunciare e rimuovere contenuti violenti, perché ignorare o sottovalutare la Manosphere significa permettere che la misoginia diventi parte integrante della cultura digitale e sociale, minando i diritti, la dignità e la sicurezza delle donne. La rete può essere uno strumento di progresso, di inclusione e di educazione, ma senza una risposta attiva, critica e consapevole rischia di trasformarsi in un amplificatore di odio, discriminazione e violenza, creando un ambiente in cui la violenza di genere non solo persiste, ma si radica, diffondendo stereotipi e comportamenti tossici che compromettono intere generazioni. Riflettere su queste dinamiche, denunciare i siti sessisti e promuovere una cultura digitale che tuteli le donne, valorizzi il rispetto e l’uguaglianza e combatta, senza compromessi, ogni forma di discriminazione e violenza.

Immagine di Elide Vincenti

Elide Vincenti

Laureata con lode in Letteratura Comparata e Arti dello Spettacolo presso la Sapienza di Roma, ha lavorato come Project Manager presso Italy-America Chamber of Commerce Southeast di Miami. Vive a New York, dove frequenta il corso di Master in Critical Journalism e Creative Publishing presso l’Università di New York, Parsons - The New School.

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