“indifesa”: Paolo Ferrara racconta il programma di Terre des Hommes per proteggere le più giovani

Paolo Ferrara, direttore generale di Terre des Hommes Italia, racconta come il programma "indifesa" ha cambiato la narrazione sulla condizione femminile e costruito interventi concreti contro violenza, discriminazioni e cyberabusi, coinvolgendo scuole, famiglie e comunità

Ogni anno, il 25 novembre, la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne ci ricorda che dietro le statistiche sui femminicidi e gli abusi, ci sono volti, storie e vite. Accanto al dolore e all’indignazione, però, c’è anche chi lavora ogni giorno per costruire un futuro diverso, dove bambine e ragazze possano crescere libere dalla paura e dalle discriminazioni. Come Terre des Hommes Italia, organizzazione che da oltre un decennio porta avanti il programma “indifesa”, dedicato alla tutela dei diritti delle bambine e delle adolescenti.

Dalla lotta ai matrimoni precoci e alle mutilazioni genitali femminili nei Paesi in via di sviluppo, fino alla prevenzione della violenza di genere e della cyberviolenza in Italia, “indifesa” è oggi uno dei progetti più riconosciuti nel campo della protezione e dell’empowerment femminile.

Ne abbiamo parlato con Paolo Ferrara, direttore generale di Terre des Hommes Italia, per capire come sta cambiando la condizione delle giovani donne, le nuove sfide e che cosa significa oggi, in concreto, difendere i diritti delle ragazze in un Paese che continua a fare i conti con stereotipi radicati e una cultura ancora troppo indulgente verso la violenza.

“indifesa” nasce nel 2012: come è cambiata nel tempo la vostra strategia di protezione delle bambine e delle ragazze, e quali risultati concreti avete ottenuto sul territorio italiano e internazionale?

Quando abbiamo lanciato “indifesa” nel 2012, il nostro obiettivo era portare all’attenzione pubblica e istituzionale la condizione spesso invisibile delle bambine e delle ragazze, in Italia e nel mondo. Il 2012 è proprio l’anno in cui l’ONU ha istituito la Giornata Mondiale per i diritti delle bambine, prima non esisteva, e la consapevolezza del livello di discriminazione subito dalle più piccole in tutto il mondo era ancora molto basso. Oggi, a 14 anni di distanza, possiamo dire di aver contribuito a cambiare la narrazione pubblica, ma anche a costruire interventi molto concreti nei territori.

Il nostro Dossier indifesa è una pubblicazione di riferimento, che ogni anno consegniamo alle istituzioni per dare loro una fotografia dei progressi e dell’immenso lavoro che ancora rimane da fare per raggiungere la parità di genere. Nel 2024 sono state 484.000 le bambine e ragazze beneficiarie dirette dei progetti di Terre des Hommes per l’educazione inclusiva di qualità, la prevenzione di matrimoni e gravidanze precoci, il contrasto allo sfruttamento lavorativo, la protezione di minori rifugiati e di ragazze vittime di abusi in diversi Paesi del mondo. In Italia, abbiamo aperto spazi sicuri per minori migranti, realizzato percorsi educativi sul consenso, l’affettività e la parità di genere, promosso campagne e ricerche con un impatto culturale misurabile. 

I dati più recenti mostrano un aumento dei casi di violenza di genere e cyberviolenza tra i più giovani. Che cosa raccontano le vostre ricerche sullo stato reale della condizione femminile in Italia oggi, soprattutto tra adolescenti e preadolescenti?

La fotografia che emerge dal nostro Osservatorio “indifesa”  è chiara e preoccupante: oltre il 50% delle ragazze tra i 14 e i 26 anni dichiara di aver subito almeno una forma di violenza, più nel dettaglio il 66% ha subito catcalling, il 58% è stata vittima di violenza psicologica o verbale, il 45% di molestie sessuali. Oggi, le piattaforme digitali sono spesso uno spazio dove si riproducono stereotipi e violenze, con effetti profondi sull’autostima, sul benessere mentale e sulle relazioni tra pari.  Pensiamo al fenomeno degli incel, raccontato molto bene dalla serie TV Adolescence, quello è un fenomeno che riguarda anche i ragazzi adolescenti, anche in Italia. 

Dal punto di vista sociale e istituzionale, si agisce abbastanza per combattere la violenza di genere? Cosa servirebbe, secondo Terre des Hommes, per passare da una logica di emergenza a una di prevenzione strutturale?

Parlando di prevenzione, il dato più rilevante, che abbiamo raccolto dal nostro Osservatorio, è che le ragazze e i ragazzi chiedono con forza più educazione, più ascolto, più strumenti per difendersi: il 94% degli adolescenti italiani considera l’educazione sessuo-affettiva fondamentale per prevenire la violenza di genere. 

È altrettanto chiaro che la scuola non può essere da sola, non possiamo chiedere agli insegnanti di svolgere anche questo compito, servono professionisti e soprattutto serve un’azione integrata, perchè non possiamo limitarci alla scuola, la prevenzione va costruita anche insieme alle famiglie, nello sport, e in tutti quegli spazi, fisici  e digitali, che gli adolescenti occupano. Da sempre Terre des Hommes cerca di fare rete, sul territorio, con le altre associazioni del terzo settore, con le Istituzioni, con le aziende, con le società sportive per le quali abbiamo lanciato da pochissimo un nuovo progetto, che si chiama Sport4Rights, e che, prima nel mondo, offre corsi di formazione su safeguarding e parità di genere.

Credits: Giuseppe Barile

Nell’epoca in cui viviamo, la violenza passa anche attraverso social e piattaforme digitali. Quali strumenti e progetti avete messo in campo per proteggere le ragazze online e sensibilizzare ragazzi e adulti a un uso più responsabile della rete?

Abbiamo un protocollo di intesa con la Polizia Postale, insieme a cui realizziamo diversi incontri di formazione nelle scuole sui pericoli della rete, e sempre insieme alla Polizia Postale promuoviamo la diffusione di una mostra “Supereroi” che attraverso le immagini fotografiche affronta temi molto difficili come l’adescamento e la pedopornografia online. L’Osservatorio “indifesa” è un potente strumento di ascolto e sensibilizzazione che ci aiuta ad arrivare in centinaia di scuole in tutta Italia. Infine, siamo impegnati anche in una precisa azione di Advocacy per rafforzare la legislazione vigente e garantire una tutela effettiva dei minori vittime di reati online. Nel concreto stiamo lavorando affinché sia più semplice identificare gli autori di reato, che spesso riescono ancora a nascondersi dietro l’anonimato della rete.  

Se potesse lanciare un messaggio unico in occasione del 25 novembre, a chi lo rivolgerebbe e quale cambiamento culturale ritiene oggi più urgente per costruire una società davvero “indifesa”?

Lo rivolgerei ai ragazzi. Perché sono loro che oggi, più di chiunque altro, possono invertire la rotta. Sono loro che possono scegliere di non adeguarsi a vecchi schemi, di non ripetere gli errori dei modelli di mascolinità tossica che troppo spesso li circondano. È da loro che può nascere un nuovo modo di essere uomini, fatto di rispetto, empatia e libertà dalle aspettative imposte.Il cambiamento culturale più urgente è proprio questo: educare alla consapevolezza emotiva e al valore del consenso. Non è un gesto simbolico, è la condizione necessaria per costruire una società davvero capace di prevenire la violenza, prima ancora che accada.

Immagine di Cecilia Gaudenzi

Cecilia Gaudenzi

Giornalista professionista e storyteller. È nata a Roma nel 1991 “sotto il segno dei pesci”, dove si è laureata con lode in Scienze Politiche, all’Università di Roma Tre e dove vive stabilmente. Musica, cinema, letteratura, politica, serie tv, podcast, reportage e terzo settore. Il vizio di scrivere, di tutto e su tutto ce l’ha fin da bambina. Le piace conoscere, capire, raccontare e soprattutto, fare domande. Crede nello scambio di idee e nella contaminazione. Ha girato l'Africa per dare voce all'impegno di donne e uomini che dedicano la loro vita agli altri. La sua parola preferita è resilienza.

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