Una settimana fa, dopo la vittoria di misura della Roma in casa dell’Inter, avevo scritto che Ranieri e Conte dimostravano come, nel calcio moderno, un allenatore rappresenta il 50% delle possibilità di successo di una squadra. Non il 50% di una squadra, ma il 50% delle possibilità che ha quella squadra di vincere, o comunque di competere per vincere.
È di tutta evidenza che ogni allenatore è chiamato a lavorare con un materiale umano, i giocatori, e sono loro che con le proprie qualità e le giocate determinano l’esito delle partite; pertanto senza “qualità umana” a disposizione nessun allenatore può ottenere alcun risultato. Ma è altrettanto evidente che ci siano allenatori in grado di far fruttare al meglio le qualità individuali, rendendole maggiormente funzionali alle necessità della squadra: ci sono le categorie, nello sport come nella vita, e poter contare in panchina su allenatori che sappiano, con il loro lavoro, aiutare la squadra a iper performare è fondamentale, dato che i risultati, ad alto livello, si ottengono limando i particolari, massimizzando i punti di forza e nascondendo agli avversari le proprie debolezze.
Conte ha ereditato una squadra che due anni prima aveva dominato e vinto il campionato con Spalletti in panchina ma che, l’anno scorso, aveva chiuso decima con 53 punti in 38 partite, a – 16 dal quarto posto dell’Atalanta (69) e addirittura a – 41 dal primo posto dell’Inter. Con una media punti di 1,39 a partita il Napoli era stata, la scorsa stagione, la peggior “defender” della storia recente della Serie A, e questo già dovrebbe rendere sufficientemente l’idea di quanto sia stato determinante il lavoro di Spalletti e insufficiente quello dei suoi successori (in panchina lo scorso anno il Napoli ha avuto le porte girevoli, da Garcia a Calzona, passando per Mazzarri). Questa stagione, a tre giornate dalla fine, Conte sta facendo viaggiare i partenopei alla media di 2,2 punti a partita e, se dovesse vincere le ultime 3 gare, raggiungerebbe quota 86 punti, vale a dire 33 in più rispetto allo scorso campionato.
Visto che con i “se” e con i “ma” non si fa la storia, e per assecondare la legittima scaramanzia dei tifosi partenopei, parametrando le due stagioni alla 35ma giornata, lo scorso anno il Napoli aveva raccolto 51 punti contro gli attuali 77, vale a dire un + 26 già certificato e, probabilmente (come visto) destinato a crescere (nelle ultime 3 partite della scorsa stagione il Napoli ha raccolto solo 2 punti).
La vittoria dei ragazzi di Conte in casa del Lecce, in piena lotta salvezza, è stata sofferta quanto meritata, perché la squadra ha avuto il merito e l’umiltà di saper difendere l’esiguo vantaggio quando ha avuto la percezione di non riuscire ad incrementarlo. È il secondo 1-0 consecutivo in trasferta per il Napoli, dopo quello di Monza che aveva fatto storcere il naso a qualcuno ma, in fondo, i punti sono un po’ come i soldi del celebre detto latino “pecunia non olet”: non “hanno odore” nel senso che non si qualificano, si quantificano e, dunque, si contano e basta.
A proposito di 1-0 la Roma di Ranieri può dare lezioni a tutti: quella contro la Fiorentina è la terza vittoria consecutiva con questo risultato per i giallorossi, dopo quelle con l’Inter e il Verona, addirittura l’ottava del 2025. Un 2025 da imbattuta in campionato per la Roma di Ranieri, che ha perso l’ultima volta a Como il 15 dicembre 2024, prima di inanellare una striscia di 19 risultati utili consecutivi, tutt’ora aperta.
A guardare le statistiche della squadra giallorossa prima e dopo l’arrivo di Claudio Ranieri in panchina sembrerebbe di analizzare due squadre completamente diverse: la prima (fino alla 12ma giornata di campionato) in grande affanno e a due punti dalla zona retrocessione, la seconda (dalla 13ma giornata ad oggi) in grado di viaggiare alla media punti di 2,17 a partita, non lontana dai 2,2 del Napoli capolista, e capace di rimontare fino al quarto posto in classifica, a pari punti con Juve e Lazio, nonostante la perdita per infortunio del proprio giocatore più forte, Paulo Dybala, che ha costretto Ranieri a ridisegnare la squadre e rideterminare gerarchie e ruoli nelle ultime 6 partite di campionato.
La Roma prima dell’arrivo di Ranieri :
Partite | Vittorie | Pareggi | Sconfitte |
12 | 3 | 4 | 5 |
Gol fatti | Gol subiti | ||
14 | 17 |

La Roma dall’arrivo di Ranieri:
Partite | Vittorie | Pareggi | Sconfitte |
23 | 15 | 5 | 3 |
Gol fatti | Gol subiti | ||
36 | 15 |
Il dato che balza maggiormente all’occhio è la solidità difensiva che il tecnico ha saputo dare alla sua squadra, che ha subito sotto la sua gestione appena 15 gol in 23 partite, dopo averne subiti 17 nelle prime 12: 0,65 gol concessi a gara, miglior difesa del campionato a braccetto (guarda caso) con il Napoli di Conte che concede 0,7 gol a partita dall’inizio della stagione. In Italia, si sa, per ottenere risultati la solidità difensiva è fondamentale.
Un cambiamento impressionante, impensabile, frutto del lavoro, sul campo e sulla testa dei suoi giocatori, di un allenatore straordinario che, solo pochi mesi fa, aveva annunciato il suo ritiro dal calcio e che è tornato in panchina solo per il grande amore nei confronti della sua squadra del cuore.
Ranieri come Conte: due allenatori vincenti che hanno già fatto un miracolo sportivo e che rappresentano, ad oggi, probabilmente più del 50% della possibilità delle loro squadre di raggiungere l’obiettivo prefissato: la Champions per uno e lo Scudetto per l’altro.