L’importanza dei numeri 9

Hojlund e Nkunku trascinano Napoli e Milan con le loro doppiette, Lautaro lancia l’Inter in vetta

C’è stato un tempo, nel calcio, in cui il numero 9 sembrava superato: eravamo alla fine della prima decade degli anni 2000, Guardiola faceva faville con il suo Barca, vincendo tutto al motto “il nostro numero 9 è lo spazio”, e i suoi fedeli adepti erano già pronti alla rivoluzione copernicana all’insegna del “falso 9”.

Poco importava se quel Barca avesse il giocatore più forte del mondo nel suo (onnipotente) prime, e se poteva contare su un Suarez che di “falso nueve” aveva ben poco, attaccante di razza qual è sempre stato: la rivoluzione sembrava oramai avviata.

La storia, negli anni a venire, quelli del post Barca di Guardiola, ha raccontato altro, tanto che lo stesso Guardiola, per tornare a vincere tutto col suo City (e senza Leo Messi), ha messo da parte il concetto filosofico di “spazio” per rimpiazzarlo con il numero nove puro più forte del mondo, quel Haaland che ha aperto una nuova moda nel calcio moderno, quella del gigante biondo e nordico.

E allora tutti alla ricerca del “nuovo Haaland”, poco importava se quello tecnicamente “vecchio” aveva, nel primo anno al City, appena 23 anni, oggi 25.

Sono tornati di moda i numeri 9 puri, meglio se alti, biondi e provenienti dalla Scandinavia, e quando si tratta si seguire le mode, senza una particolare programmazione dietro, a suon di milioni di euro (a volte investiti ma più spesso buttati) il Manchester United degli ultimi 10 anni è secondo a pochi.

Ecco allora che i Red Devils, nell’estate del 2023, per rispondere al ciclone Haaland dei dirimpettai del City, hanno portato a casa il quasi omonimo (e nelle loro intenzioni omologo) Rasmus Hojlund, danesone del 2003 reduce da 9 gol in 32 presenze (20 delle quali da titolare) al primo anno di Serie A con l’Atalanta, che nel nome portava anche quell’assonanza con Haaland che non guastava.

Se esistesse un manuale di gestione e lancio dei giovani talenti (e se esistesse l’avrebbe scritto Carlo Mazzone, guardate la gestione protettiva che fece del giovanissimo Totti in un contesto fagocitante come Roma) a pagina 1 ci sarebbe scritta, come monito, la parola “pazienza”. Ma per avere pazienza bisognerebbe avere una programmazione, cosa (come sottolineato prima) sconosciuta, nell’ultimo decennio abbondante, allo United: ecco allora che il povero Hojlund è stato lanciato subito nell’arena di Old Trafford, al cospetto dei palati finissimi dei tifosi, come la risposta rossa al ciclone celeste di cui sopra.

Risultato: un disastro, e un (grande) talento, oltre che un grande investimento da 70 milioni di euro, gettato in pasto alle critiche.

La prima stagione di Hojlund a Manchester non sarebbe stata neanche da cestinare, con 10 gol e 2 assist in 30 partite, 25 delle quali da titolare. Peccato che il termine di paragone fosse Haaland, che la stagione precedente, d’esordio, con il City aveva portato a casa 36 gol e 8 assist in 35 partite di Premier, e che avrebbe concluso la stagione 2023/24, quella dell’esordio di Hojlund sull’altra sponda, con 27 gol e 6 assist in campionato, arrivando quasi a triplicare il bottino del suo quasi omonimo e poco omologo.

Con le due pesanti scimmie sulle spalle di un cartellino pagato 70 milioni e dell’etichetta di “nuovo Haaland”, da gestire peraltro nel prime di Haaland, era praticamente impossibile non fallire, infatti la scorsa stagione, la seconda di Hojlund a Manchester, il danese è definitivamente crollato, portando a casa la miseria di 4 gol in 34 partite. Risultato: cessione.

Ed è qui che è entrata in scena la lungimiranza e la programmazione, anche in piena emergenza, del Napoli, che ha colto l’opportunità e si è fiondato sul giocatore per sostituire l’infortunato Lukaku: operazione da 50 milioni di euro, che sono un’enormità per il calcio nostrano ma rappresentano una cifra di saldo per un giocatore di grandissima qualità, che sa fare gol e che in Serie A può fare la differenza, subito e per i prossimi 10 anni. Basta non affibbiargli etichette addosso.

Il Napoli ha capito chiaramente che, nel calcio di oggi (come in quello di sempre, con buona pace del primo guardiolismo blaugrana) il numero 9 è fondamentale, ed ha agito di conseguenza.

Big Rom avrebbe dovuto essere sostituito la prossima estate, o comunque il problema a Napoli avrebbero dovuto porselo nonostante la scadenza 2027, perché è evidente a tutti che la carriera del belga stia volgendo in una naturale (per quanto dignitosa, 14 gol e 10 assist la scorsa stagione) parabola discendente.

Invece che cercare una soluzione tampone, nella speranza di recuperare Lukaku a tempo di record, il Napoli ha optato per la soluzione programmatica di cogliere un’opportunità e anticipare il cambio della guardia, con la possibilità (che rappresenta una soluzione ancora inesplorata ma estremamente suggestiva) di poter, prima o poi, contare addirittura su entrambi, il che darebbe ai partenopei una spinta aggiuntiva e forte nella rincorsa al quinto scudetto della propria storia.

E siamo ai giorni nostri, prendendola alla larga, mi rendo conto, ma seguendo un filo logico che ci porta direttamente alla 17ma giornata di Serie A e al titolo di questo articolo, dedicato proprio all’importanza dei numeri 9.

Nella giornata della doppietta, decisiva, di Hojlund a Cremona, che rilancia il Napoli dopo il passo falso di Udine del 14 dicembre (in mezzo il trionfo in Supercoppa, a Riyad) altri due numeri 9 del nostro campionato hanno urlato e ricordato al calcio quanto le prime punte siano fondamentali: Nkunku del Milan e Lautaro dell’Inter.

Se per il milanista si è trattato di un vero e proprio biglietto da visita, dopo un avvio di stagione con più bassi che alti, per il nerazzurro è stata l’ennesima conferma. Ma poco importa, il senso è lo stesso: per vincere le partite, e lottare per lo scudetto, servono i gol dei numeri 9.

Inter, Milan e Napoli sono volate al vertice della classifica grazie ai gol dei loro attaccanti e sanno bene che, per rimanere lassù a giocarsi il titolo fino alla fine, avranno bisogno ancora di tante giornate come questa da qui alla fine. Con i rispettivi numeri 9 protagonisti.

Immagine di Guglielmo Timpano

Guglielmo Timpano

Laureato in Scienze Politiche. Giornalista freelance. Conduttore radiofonico. Presentatore televisivo. Appassionato di sport, storia e animali: per combinare tutti questi interessi, il sogno sarebbe seguire un torneo di calcio tra dinosauri.

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