La stagione del centenario la Roma la giocherà ancora all’Olimpico. È arrivata infatti l’ufficialità del rinnovo dell’accordo di affitto con Sport e Salute, che consentirà al club giallorosso di utilizzare l’impianto del Foro Italico fino al 2028.
La firma, avvenuta ieri mattina, chiude ogni dubbio sul futuro immediato: la Roma continuerà a disputare le proprie gare casalinghe nello stadio che condivide con la Lazio, rinviando ancora il sogno di inaugurare un impianto di proprietà. Il nuovo stadio di Pietralata, nelle intenzioni della società, avrebbe dovuto entrare in funzione entro la stagione 2027-28.
Ma il progetto è ancora fermo agli scavi archeologici preliminari, con il definitivo atteso per l’autunno. Difficile, dunque, pensare a una tempistica più rapida. Per ora, quindi, la Roma resterà all’Olimpico.
Il nodo degli stadi in Italia
La vicenda della Roma è emblematica di una situazione che accomuna gran parte del calcio italiano: la cronica difficoltà a dotarsi di impianti moderni e di proprietà. Oggi, a più di trent’anni dalle prime esperienze europee di club che hanno puntato su stadi di proprietà, in Serie A il panorama resta limitato.

Il modello di riferimento resta la Juventus, che nel 2011 ha inaugurato l’Allianz Stadium, primo impianto interamente di proprietà in Italia.
A seguire sono arrivate l’Udinese, con la ristrutturazione della Dacia Arena, e il Sassuolo, che ha acquistato e rimodernato il Mapei Stadium. Lo stadio dell’Atalanta, infine, ora chiamato Gewiss Stadium, è di proprietà della società del club dal 2017, dopo aver vinto l’asta pubblica bandita dal Comune di Bergamo.
Si tratta di eccezioni in un contesto in cui la maggior parte delle squadre continua a giocare in stadi comunali, spesso datati e con costi di gestione elevati. Milan e Inter hanno avviato un lungo iter per la sostituzione di San Siro, tra progetti accantonati e nuove proposte ancora in discussione.
La Fiorentina ha dato il via al restyling del Franchi, ma i tempi e i costi restano un’incognita. Bologna ha approvato il progetto di riqualificazione del Dall’Ara, ma anche qui la strada è lunga. Napoli e Lazio, dal canto loro, non hanno ancora compiuto passi concreti verso una soluzione alternativa ai rispettivi stadi comunali.
Una questione strutturale: il ritardo italiano non è solo economico, ma anche normativo e culturale. L’iter burocratico per avviare un nuovo stadio è complesso, i vincoli urbanistici pesano e spesso manca la sinergia con le amministrazioni locali.
Ne deriva una difficoltà competitiva rispetto ai club europei che possono contare su impianti moderni, multifunzionali e capaci di generare ricavi extra-calcistici.
Il rinnovo della Roma con l’Olimpico, dunque, è una soluzione necessaria ma provvisoria. La speranza, per i giallorossi come per il movimento calcistico nazionale, è che i prossimi anni segnino finalmente un’accelerazione verso stadi di proprietà capaci di dare respiro economico e futuro al calcio italiano.