Questa sera ad Udine si giocherà la partita tra Italia e Israele, valevole per le Qualificazioni Mondiali. La città si è preparata da tempo all’evento: blocchi di cemento, zone rosse, hotel blindati, elicotteri in cielo e oltre mille agenti impiegati. Perchè stasera, al Bluenergy Stadium, il pallone sarà solo una parte di una storia più grande — dove sport, politica e tensioni internazionali si intrecciano come raramente è accaduto in passato.
La partita e la posta in gioco sportiva
Sul campo, l’Italia di Rino Gattuso cercherà una vittoria che significherebbe quasi certezza di playoff. Dopo il successo in Estonia, gli Azzurri devono consolidare il secondo posto nel girone, a tre giornate dalla fine. Il primo posto, occupato da una Norvegia finora perfetta (sei vittorie su sei), appare quasi irraggiungibile, ma battere Israele resta fondamentale per non compromettere il percorso.
Gattuso dovrà fare a meno di Kean e Bastoni, ma ripartirà dal gruppo solido che ha convinto a Tallinn. Il tecnico lo ha ribadito ieri: “Sembra che siamo già ai playoff, ma non è così. Non scherziamo col fuoco”.
In campo, la formazione azzurra dovrebbe presentarsi con Donnarumma in porta, linea difensiva a tre e il tandem Esposito-Retegui davanti. Dall’altra parte, Israele arriva a Udine dopo un percorso altalenante, ma ancora in corsa per un posto al playoff.
Una città blindata e una partita a porte semichiuse
Fuori dal campo, la tensione è altissima. La Prefettura di Udine ha classificato l’incontro come “ad altissimo rischio”, predisponendo misure di sicurezza senza precedenti: un anello di barriere di cemento attorno allo stadio, controlli a un chilometro dai cancelli, droni e cecchini sui tetti. La zona del Bluenergy Stadium è interamente chiusa al traffico e anche gli hotel che ospitano le due squadre sono presidiati 24 ore su 24.

Particolare attenzione è rivolta alla delegazione israeliana, accompagnata da uomini del Mossad, i servizi segreti di Tel Aviv, che scorteranno la squadra in ogni spostamento insieme alla polizia italiana. La presenza degli agenti, inizialmente smentita, è stata poi confermata nelle ultime ore.
La partita si giocherà davanti a poco più di ottomila spettatori — meno della metà della capienza — dopo che una parte dello stadio è stata chiusa per motivi di sicurezza.
Alle 17:30 partirà da piazza della Repubblica il corteo pro Palestina, che attraverserà il centro di Udine fino a piazza Primo Maggio. Il disegno che promuove la manifestazione arriva dal celebre artista romano Zerocalcare e si ispira allo slogan dell’iniziativa nata nel mondo ultras “Show Israel the red card”, che chiede l’esclusione di Israele dalle competizioni Fifa.

Gli organizzatori parlano di circa diecimila partecipanti: probabilmente ci saranno più persone fuori dallo stadio a manifestare che dentro a tifare, nonostante l’importanza della posta sportiva in palio.
Le autorità hanno mobilitato polizia, carabinieri, reparti speciali ed esercito per evitare incidenti. Il prefetto Domenico Lione ha sintetizzato così lo spirito del piano di sicurezza: “Dobbiamo conciliare sicurezza e libertà. È un test per l’ordine pubblico, ma siamo in grado di gestirlo.”
Un clima di protesta che attraversa l’Europa
La partita di Udine non è un caso isolato. La presenza della nazionale israeliana nelle qualificazioni mondiali è diventata, in molte città europee, un tema politico e simbolico.
Solo tre giorni fa, a Oslo, la sfida tra Norvegia e Israele era stata accompagnata da un’enorme manifestazione pro Palestina: migliaia di persone in marcia, bandiere, striscioni e cori come “No al genocidio” e “La partita non si deve giocare”. La polizia aveva chiuso diversi ingressi dello stadio Ullevaal, riducendo il numero di spettatori ammessi. Durante il match, l’inno israeliano era stato fischiato, una curva aveva esposto lo striscione “Mostra il cartellino rosso a Israele”, e un uomo era entrato in campo con una maglia “Free Gaza”.

La Norvegia è stata il primo Paese a chiedere formalmente alla FIFA l’esclusione di Israele dalle qualificazioni, una posizione che ha diviso il mondo del calcio europeo. E proprio a Oslo, l’incasso della partita è stato devoluto a Medici Senza Frontiere, che opera nella Striscia di Gaza. Una scelta accolta con favore dall’opinione pubblica norvegese ma duramente contestata dalla Federcalcio israeliana: “Non siamo soliti discutere le scelte altrui – si legge in una nota – ma in questo caso ci sentiamo di consigliare un controllo sulla destinazione dei fondi, perché non vadano ad associazioni terroristiche.”
Sport e geopolitica: una linea sempre più sottile
A Udine, come a Oslo, la partita è diventata un simbolo. Per molti, rappresenta l’incompatibilità tra lo sport e un contesto internazionale ancora segnato dalla situazione a Gaza. Per altri, invece, lo sport deve rimanere uno spazio di dialogo e di neutralità.
Il governatore del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, ha dichiarato: “Lo sport deve unire, non dividere. È grave che qualcuno usi il calcio per creare tensioni, proprio mentre è in corso un processo di pace”.
Più cauto il sindaco di Udine, Alberto Felice De Toni, che ha deciso di non assistere alla partita ma ha auspicato che “la manifestazione sia pacifica” e che “un giorno si possa giocare una partita tra Israele e Palestina”.
Una parte dell’opinione pubblica italiana ha animato il dibattito sui social invitando a “boicottare” la partita, non guardandola in televisione. Per altri lo sport in generale deve restare fuori dalle vicende politiche internazionali, che poi è anche la posizione ufficiale del Presidente della Fifa Infantino, ma resta sempre vivo e attuale il paragone con la Russia, esclusa da tutte le manifestazioni sportive.
Dentro lo stadio, l’atmosfera sarà tesa ma probabilmente controllata. Così anche in campo, visto che ci sono state delle code polemiche, soprattutto da parte dei giocatori israeliani, al termine della partita d’andata, appena un mese fa. I giocatori israeliani, come ha detto Manor Solomon, sono “abituati a giocare con tutti contro”.
Stasera, a Udine, si gioca una partita di qualificazione ai Mondiali. Ma, in fondo, è molto di più.