Gli Stati Uniti sono uno dei pochi Paesi a livello internazionale dove la marijuana a scopo ricreativo è legale. Non si tratta, però, di una condizione diffusa in tutti gli USA: la cannabis resta ancora illegale a livello federale, mentre quasi la metà degli Stati all’interno degli USA ne ha ormai legalizzato l’uso. Il consumo di cannabis tra i giovani, però, sta raggiungendo livelli allarmanti, accompagnato da un aumento dei casi di dipendenza e gravi problemi di salute mentale. Un numero crescente di adolescenti e giovani adulti che fanno uso regolare di marijuana si trovano a combattere contro disturbi psichici come la psicosi e dipendenze, spesso senza esserne consapevoli.
Le conseguenze del consumo prolungato di cannabis vanno oltre la psicosi. Anche senza sviluppare disturbi gravi come la sindrome da iperemesi da cannabinoidi (C.H.S.), molti giovani che fanno uso regolare di marijuana riscontrano problemi quotidiani come l’incapacità di mangiare, dormire o concentrarsi senza la droga. Un consumo eccessivo destabilizza il sistema endocannabinoide del corpo, inducendo a un ciclo di dipendenza sempre più difficile da interrompere.
Secondo la dottoressa Bonni Goldstein, che gestisce una clinica di cannabis terapeutica a Los Angeles, uno degli effetti più devastanti dell’abuso di cannabis è proprio il suo impatto sul sistema che regola il benessere psicofisico. A lungo termine, gli utenti devono aumentare le dosi per ottenere lo stesso effetto, e smettere di usare la sostanza provoca sintomi di astinenza come ansia e depressione.
Nathanael Katz, oggi 21enne e in riabilitazione dopo anni di abuso di cannabis e oppiacei, ha iniziato a fumare marijuana all’età di 12 anni. Per anni, l’uso della droga lo ha aiutato a gestire la sua ansia sociale e a sentirsi più rilassato in classe. Tuttavia, con il crescere della tolleranza, sono aumentate anche le sue difficoltà a concentrarsi e a svolgere attività quotidiane come mangiare e dormire senza la cannabis.
Molti giovani come Nathanael iniziano con l’idea che la cannabis sia una soluzione ai problemi di ansia o depressione, ma si ritrovano presto intrappolati in una spirale di dipendenza. È questo l’aspetto più preoccupante della situazione: le persone continuano a usare la droga anche quando riconoscono che non gli piace più come le fa sentire, dimostrando quanto la dipendenza sia radicata.
Secondo il National Survey on Drug Use and Health del governo federale degli Stati Uniti, il tasso di disturbo da uso di cannabis tra i giovani adulti (18-25 anni) è salito al 16,6%, superando il tasso di dipendenza da alcol nello stesso gruppo. Tra gli adolescenti tra i 12 e i 17 anni, il tasso di dipendenza da cannabis ha raggiunto il 5%, superando quello da alcol, che si attesta al 3%.
La dottoressa Deb Hagler, una pediatra che lavora in una comunità rurale del Maine, ha osservato che l’uso cronico di cannabis sta facendo perdere ai giovani tappe fondamentali dello sviluppo come ottenere la patente o mantenere un lavoro. Secondo la pediatra si tratta di “Una vera e propria incapacità di avviare la loro vita adulta”.
Il problema della dipendenza da cannabis è reso ancora più complesso dalla mancanza di farmaci approvati dalla FDA per aiutare le persone a smettere di usarla, a differenza degli oppiacei. Si tratta di una situazione dovuta all’illegalità a livello federale, che ostacola la ricerca e la diffusione di informazioni mediche e campagne di sensibilizzazione. A questo si aggiunge che gli effetti della marijuana ad alta concentrazione di THC, sempre più diffusa, sono molto più devastanti rispetto a quelli osservati nelle ricerche precedenti su cannabis con livelli di THC molto più bassi.
Ziva Cooper, direttrice del Centro per la Cannabis e i Cannabinoidi presso l’U.C.L.A., ha sottolineato la necessità di aggiornare gli studi scientifici sui sintomi di astinenza, poiché la cannabis odierna è significativamente più potente rispetto al passato. “Quello di cui stiamo parlando ora è una droga completamente diversa”, ha affermato.
L’amministrazione Biden sta cercando di spostare la cannabis in una categoria meno restrittiva di droghe, il che permetterebbe di condurre maggiori ricerche sui suoi rischi e benefici. Tuttavia, secondo molti esperti, queste misure sono solo l’inizio. Deborah Hasin, epidemiologa alla Columbia University, avverte che sono necessari sforzi più intensi per educare il pubblico e mitigare i danni.